Ecco come l’Enea progetta il pomodoro del futuro
L’Agenzia partecipa insieme a due atenei italiani al programma europeo Harnesstom per lo studio di ortaggi di qualità più resistenti alle malattie emergenti e al riscaldamento globale. Otto milioni di euro stanziati, 22 i partner in campo.
Ottenere pomodori di qualità superiore e più resistenti a malattie emergenti e cambiamento climatico, insieme a strumenti per accelerare la creazione di nuove varietà. È quanto prevede il progetto da 8 milioni di euro Harnesstom, che riunisce 22 partner, tra cui l’Enea, l’Università di Napoli “Federico II”, l’Università della Tuscia e Semiorto Sementi srl, in Italia, e l’Agenzia statale spagnola Csic (coordinatore).
Nell’ambito del progetto, si legge sul sito dell’Enea, sono state sviluppate attività di ricerca su: resistenze contro le principali malattie emergenti, tolleranza del pomodoro ai cambiamenti climatici, miglioramento della qualità, aumento della velocità ed efficienza della coltivazione selezionata per poter rispondere alle sfide emergenti in modo tempestivo ed efficace.
L’Enea, in particolare, ha coordinato le attività sull’aumento di velocità ed efficienza del breeding (la coltivazione) e ha fornito contributi che comprendevano la creazione di un database europeo sulle risorse genetiche e il breeding del pomodoro, il miglioramento della qualità della bacca e le analisi di impatto ambientale.
“Il pomodoro di oggi è il prodotto di millenni di selezione che ne hanno ristretto la base genetica”, afferma Giovanni Giuliano, dirigente di Ricerca Enea e responsabile del WP4 del progetto. “Harnesstom combina tradizione e innovazione, utilizzando il breeding classico per introdurre nuovi geni di resistenza e qualità, e nuove tecnologie genetiche per il suo ulteriore miglioramento. Il progetto è iniziato otto anni dopo la pubblicazione su Nature dello studio che abbiamo coordinato sul genoma del pomodoro. Ora quelle conoscenze si sono tradotte in applicazioni pratiche trasferite all’industria sementiera, a dimostrazione di quanto sia stretto il legame fra ricerca di base, ricerca applicata e trasferimento tecnologico, anche in settori chiave per la nostra economia come quello agroalimentare”.