Gps impazziti: colpa dei grandi terremoti che “spostano” la Terra
La crosta terrestre “balla”: bastano solo pochi millimetri di spostamento a generare problemi alle applicazioni avanzate che studiano l’innalzamento dei mari, l’orbita dei satelliti o le anomalie delle faglie che potrebbero preludere ai terremoti. L’hanno scoperto gli scienziati della Australia National University di Canberra
Il problema è impossibile da rilevare per chi usa il gps solo per destreggiarsi tra le vie delle metropoli, ma agli scienziati può suscitare più di un grattacapo. I “super terremoti” degli ultimi 13 anni, l’ultimo dei quali nei giorni scorsi in Russia, hanno lasciato il segno su tutta la crosta terrestre, e le prime ad accorgersene sono state proprio le stazioni a terra del sistema di navigazione, la cui posizione risulta “sballata”, come conferma lo studio della Australia national university di Canberra pubblicato dal “Journal of geophysical research”.
Il sistema gps, si basa infatti, oltre che sui satelliti, anche su alcune stazioni a terra, di solito all’interno dei continenti, che vengono usate come riferimento perché la loro posizione – in teoria – dovrebbe essere fissa. Simulando con un modello informatico gli spostamenti dovuti ai terremoti di magnitudo superiore all’otto, i ricercatori hanno però dimostrato che, fatta eccezione per l’Australia, l’estremità est del Canada e l’Europa occidentale, tutti i riferimenti si sono spostati di qualche millimetro.
Spostamenti oltre i dieci millimetri in Sudamerica – I movimenti orizzontali mappati dallo studio vanno da oltre dieci millimetri per l’arcipelago indiano o la zona occidentale del Sudamerica a meno di due per l’Africa occidentale e gli Usa. Distanze minime, che diventano però importanti se, per esempio, si usa il gps per calcolare l’innalzamento dei mari o l’orbita dei satelliti, o per determinare gli spostamenti minimi delle faglie che potrebbero preludere ai terremoti.
“Variazioni nella posizione delle stazioni di riferimento si traducono in errori nelle misurazioni – spiega al sito LiveScience Paul Tregoning, autore principale della ricerca. – Dobbiamo trovare un modo per affrontare il problema e la comunità scientifica deve lavorare a un metodo per stimare tutti gli spostamenti, in modo da correggere i calcoli”.
Le difficoltà sono confermate da Don Argus del Jet propulsion laboratory (Jpl) di Pasadena, che usa il gps proprio per calcolare l’orbita dei satelliti: “È molto difficile stabilire un riferimento stabile con i movimenti post sismici. I terremoti – avverte lo scienziato – stanno rendendo le cose più difficili a chi fa lavori di questo tipo. Noi teniamo conto delle deformazioni nei nostri calcoli, ma questo richiede 24 ore di lavoro supplementari per i nostri computer”.