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La Corte dei Conti interviene dopo un esposto sui maggiori costi sostenuti dall'Ama a causa dello stop alla raccolta a domicilio nei Municipi

Le vicissitudini di Ama, tra cui la mancata approvazione del bilancio 2017 e lo scioglimento anticipato del cda, hanno portato al blocco dell'estensione del nuovo modello di raccolta porta a porta nei municipi romani, causando un danno erariale da 36,7 milioni di euro.

Il dato arriva – secondo quanto riporta il Tempo – dalla Corte dei Conti del Lazio. Sul tavolo dei pm contabili è anche arrivato un nuovo esposto che punta il dito proprio sul “rallentamento e la successiva interruzione del progetto di estensione del porta a porta” a tutta la città (entro il 2021), predisposto nel crono-programma con cordato il 15 novembre 2018 con il socio Roma Capitale.

Tutto questo, oltre ad acuire l'emergenza rifiuti, ha comportato maggiori costi per l'azienda. Partendo dal fatto che un cittadino romano produce in totale 587 chili di rifiuti l'anno, si sono conteggiati i danni erariali complessivi sulla base del calendario di estensione che era stato approvato dal Comune, “ma che l'azienda non ha potuto attuare per assenza di liquidità e di personale, nonché per mancata messa a disposizione delle aree comunali utili alla realizzazione di almeno due impianti di compostaggio dedicati alla frazione organica”.
 
Una situazione culminata, nel 2018, nel mancato completamento del porta a porta su tutta la cittadinanza del VI e X Municipio: su un totale di 513.065 abitanti, il nuovo modello è stato adottato solo da 313.663 abitanti, con un danno erariale quantificato in 537 mila euro, conteggiando solo il mese di dicembre 2018. Lo stesso principio è stato quindi applicato per calcolare il danno per la mancata applicazione del crono-programma 2019 nei Municipi I, II, IV, V, XII, per un totale di 36.198.322 euro, che, sommati ai 537 mila del 2018, portano ad un totale di 36,7 milioni.