A Palermo bruciano i roghi di spazzatura. Commissari Amia pronti a dimettersi
Cittadini esasperati. La società d’igiene ambientale verso il fallimento. Tensione sindaco-commissari
È allarme rosso a Palermo per la raccolta dei rifiuti che va a rilento a causa dell’agitazione di Amia e Amiaessemme, le aziende preposte al trattamento dei rifiuti e alla pulizia delle strade che rischiano il fallimento. Alcuni giorni fa il tribunale di Palermo ha rigettato la proposta di concordato e non ha dichiarato il fallimento, probabilmente per dare tempo al comune, al prefetto e al ministero di attuare un piano di emergenza.
La città è costellata di cumuli di immondizia fotografati dai numerosissimi turisti che si aggirano per il centro storico sotto un cielo estivo. Nelle notti del fine settimana sono stati incendiati cassonetti in diverse zone: da via Ernesto Basile, a via Lascaris, da via Lincoln a via Lanza di Scalea. E alcuni residenti del quartiere Brancaccio hanno rovesciato contenitori pieni di rifiuti al centro delle carreggiate per protesta, bloccando il traffico.
Amia e Amiaessemme hanno 2.252 dipendenti e un buco di 125 milioni di euro, anche se i tre commissari straordinari parlano di decine di milioni di crediti vantati nei confronti dei comuni. Una cifra esorbitante, spesso contestata da diversi esponenti politici, come riferisce l’agenzia Ansa.
Faccia a faccia tra Orlando e l’Amia – “Il fallimento di Amia, che sarebbe devastante, può ancora essere evitato – scrivono proprio in queste ore commissari in una nota. – Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha sempre detto di avere i soldi ma di non metterli a disposizione, causa la presenza dei commissari. I commissari, pur di non far fallire Amia, sono pronti, se il sindaco si impegna pubblicamente e con il tribunale a garantire il concordato, a dimettersi immediatamente eliminando così il problema”.
Per risolvere la vertenza, secondo Orlando gli scenari possibili sono due: la dichiarazione di fallimento e la contestuale nomina di un curatore fallimentare da parte del tribunale, che dovrebbe anche incaricarlo di assicurare la prosecuzione dei servizi e delle attività, mentre il comune ne garantirebbe la copertura economica. O, in alternativa, la requisizione della società da parte del prefetto che dovrebbe affidarla al comune.