Utilitalia: le tariffe acqua sono le più basse d'Europa. Quello che si paga in tariffa, prima era in tasse
Per Giovanni Valotti, presidente Utilitalia “i contributi pubblici coprivano il 34% degli investimenti realizzati nel 2012, il 25% nel 2013 e il 20% nel 2014. Più correttamente, ora si sta adottando il principio che 'chi usa l'acqua, paga l'acqua’”
“Le tariffe idriche italiane continuano ad essere tra le più basse d'Europa - un terzo di quelle francesi, un quarto di quelle tedesche, un quinto di quelle scandinave e dei Paesi Bassi - , e invece bisognerebbe incrementarle per effettuare gli investimenti necessari anche ad evitare sanzioni comunitarie”. Giovanni Valotti, presidente di Utilitalia - la federazione che riunisce la totalità dei gestori idrici, oltre alle imprese dell'energia e dell'ambiente - commenta così il dato presentato dall'Osservatorio “Prezzi e mercati” di Unioncamere.
La questione aumenti - È vero che negli ultimi anni abbiamo avuto degli aumenti, che a noi risultano peraltro essere circa la metà di quelli evidenziati da Unioncamere - specifica Valotti - , ma questo nella misura in cui i costi prima erano coperti dalla fiscalità generale o dal debito pubblico o dalle stesse imprese costrette a registrare sofferenze; ora questo avviene sempre di meno. I contributi pubblici coprivano il 34% degli investimenti realizzati nel 2012, il 25% nel 2013 e il 20% nel 2014. Più correttamente, ora si sta adottando il principio che “chi usa l'acqua, paga l'acqua”. Questo è uno dei motivi; l’altro è che i gestori hanno finalmente avuto la possibilità di aumentare il livello degli investimenti.
“Dobbiamo anche renderci conto, come cittadini, che è impensabile pagare l'acqua un quinto della Danimarca se vogliamo garantire gli stessi standard di qualità nelle infrastrutture e nei servizi finali. Più facile incappare nelle sanzioni europee, con le numerose infrazioni che mettono a rischio l’ambiente e la qualità delle acque. Con un risultato paradossale: il cittadino medio, alla fine, spende i soldi in multe piuttosto che per finanziare investimenti pubblici essenziali. Senza considerare il conto che, come al solito, peserà sulle future generazioni.”