Il 2013 è l’anno del Vajont: l’Italia ricorda le 1.909 vittime. “Prevenzione e sostenibilità sono inscindibili”
La frana del 1963, e l’onda che travolse 1.909 persone, è l’avvenimento dal quale ha preso avvio la moderna geologia applicata. “A ottobre a Longarone i geologi organizzano il summit mondiale della prevenzione idrogeologica”, ricorda il presidente del Cng, Gian Vito Graziano
Il 2013 è l’anno del Vajont. Era il 9 ottobre del 1963 quando una frana si staccò dal monte Toc e si riversò nel bacino della diga, creando un’onda che investì i paesi di Erto, Casso, Longarone e i loro abitanti. I morti ufficiali furono 1909.
L’intero 2013 sarà dedicato a quelle vittime e a quei momenti che sono entrati nella storia del nostro paese.
“La frana del Vajont individua forse l’avvenimento dal quale hanno preso l’avvio gli studi che oggi sono considerati la base della moderna geologia applicata”, spiega Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi. Per questo il Cng ha preparato un ampio programma di appuntamenti che culminerà nella giornata del 6 ottobre a Longarone, per proseguire poi sino al 10 ottobre all’università di Padova.
Il programma “Vajont 2013” nasce nel cinquantesimo anniversario di quella tragedia che, con il terremoto dell’Irpinia (2.914 vittime), è l’evento naturale che in Italia ha causato il maggior numero di morti negli ultimi cinquant’anni. “Solo guardando all’ultimo mezzo secolo, nel nostro paese più di 7.500 persone hanno perso la vita in alluvioni o terremoti”, ricorda Graziano. Così, centinaia di geologi provenienti da tutto il mondo, politici e comunità scientifica internazionale si confronteranno a Padova e a Longarone ascoltando le storie e approfondendo il tema delicato del dissesto idrogeologico.
“Non solo per non dimenticare, ma anche per analizzare studi e tecniche di prevenzione – ha concluso il capo dei geologi italiani, – fondamentali per un paese come l’Italia dal territorio bello e fragile. Ricorderemo quei tragici momenti, ma andremo oltre, cercando di porre le basi per un paese moderno, in cui le scienze della terra siano realmente alla base di uno sviluppo sostenibile”.
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