Finanza verde. Idrogeno a rischio per troppi limiti “verdi”? Sarebbe fuori perfino il fotovoltaico
Lettera delle imprese energetiche alla Commissione europea, firma anche Enel Green Power
Una ventina di società energetiche europee, tra le quali l’italiana Enel Green Power, hanno scritto alla Commissione Ue dicendosi “estremamente preoccupate per le ultime proposte di indebolimento delle soglie di emissione legate alla produzione di idrogeno pulito”. Il timore è che le regole ambientali molto severe chieste da alcune associazioni ecologiste possano paralizzare il futuro dell’idrogeno. Nella lettera indirizzata al vicepresidente della Commissione Frans Timmermans le aziende chiedono di essere messe in condizione di investire nell’idrogeno, anche se non è subito verdissimo perché i limiti posti da Bruxelles sarebbero così stretti che, a parere delle aziende del settore, non si potrebbe produrre idrogeno con l’elettricità in rete nemmeno nei Paesi dove il mix elettrico è più pulito. E secondo i criteri ora allo studio sarebbe escluso perfino l’idrogeno da fonte fotovoltaica, il più amato. Un controsenso che danneggia l’ambiente.
La tassonomia verde
Gran parte dei fondi pensione, delle finanziarie, dei fondi di investimento stanno spostando i loro denari su investimenti classificati sostenibili, ritenendoli più redditizi. L’Unione europea sta definendo le caratteristiche che deve avere un progetto, un investimento, un impianto, una tecnologia e così via per poter essere definito sostenibile. Lo scopo è evitare il greenwashing, cioè vantare caratteristiche verdi che non vi sono. Questa classificazione è stata definita tassonomia. Ciò che entra nella tassonomia verde europea è promosso.
Tra i combustibili fossili, è entrato nella tassonomia europea il metano, ma solamente a patto che vada a sostituire combustibili fossili a più alto inquinamento, come il carbone. Probabilmente verrà riconosciuto nella tassonomia anche il nucleare, tecnologia che non emette CO2.
I colori dell’idrogeno
L’idrogeno non ha alcun colore, ma viene definito con vari colori (convenzionali) per rappresentarne la fonte. L’idrogeno nero o grigio è quello ricavato dagli idrocarburi, con emissione di grandi quantità di CO2; l’idrogeno blu è quello estratto dal gas metano, catturando la CO2 emessa dal processo; l’idrogeno rosa o viola è ricavato con elettricità di fonte nucleare (senza emissione di CO2); l’idrogeno verde è quello ricavato con elettricità di fonte rinnovabile o da idrocarburi non fossili, come il biogas o la biomassa. Alcune associazioni ecologiste esigono che venga definito sostenibile solamente l’idrogeno ottenuto da fonti elettriche rinnovabili, escludendo dalla tassonomia (e dagli investimenti) tutte le altre tecnologie come il nucleare o il biogas.
Le aziende produttrici
Secondo le aziende elettriche, la tassonomia europea deve comprendere anche l’idrogeno ricavato con elettricità a basse emissioni di carbonio.
La lettera è stata firmata, oltreché da Acciona, da Vakuo, Altenex Energy, Applied Materials, BaiWa, Bird&Bird, Edp, Enapter, Enel Green Power, European Energy, Everoze, First Solar, Fronius, Gcl, Orsted, Iberdrola, Renergy, Renewble Hydrogen Coalition, Sma, Smartenergy, Solar Power Europe, Soltec, Sunfire.
La lettera a sostegno dell’idrogeno
Nella lettera, le aziende indicano che “Le proposte iniziali presentate dalla Commissione europea sono in linea con la leadership e l'ambizione necessarie per affrontare il cambiamento climatico e garantire che l'idrogeno rinnovabile prodotto con il 100% di elettricità rinnovabile possa beneficiare di un'adeguata priorità per quanto riguarda i futuri investimenti europei pubblici e privati; diventare competitiva in termini di costi con la produzione di idrogeno convenzionale anche prima del 2025; garantire che la futura economia dell'idrogeno Ue raggiunga i più elevati standard di sostenibilità, rendendo l'Europa un vero leader industriale nelle tecnologie energetiche pulite”. Scrivono le imprese energetiche che il criterio attualmente proposto di 2,256 chili di CO2 emessa per ogni chilo di idrogeno prodotto “impedisce in gran parte il dibattito normativo che dovrebbe svolgere rispetto al framework Ue sull’idrogeno e metta a repentaglio l’ambizione di leadership dell’UE”. Infatti, l’idrogeno prodotto dall’elettrolisi alimentata dalla rete elettrica francese (nucleare) o dei paesi nordici (idroelettrica) ha un’impronta di carbonio di 3 chili di CO2 per ogni chilo di idrogeno prodotto, e non si qualificherebbe per ricevere investimenti neppure l’idrogeno prodotto a partire dal fotovoltaico, che si colloca fra i 3 e i 3,2 chili di CO2 per chilo di idrogeno.