L’Ilva sprofonda. Mazzette per ammorbidire la perizia sull’inquinamento
Sette arresti tra cui Fabio Riva, vicepresidente del gruppo proprietario del siderurgico. Coinvolti dirigenti, politici e i tecnici che misuravano la diossina per la procura. La difesa: quei soldi? Solo una donazione per la diocesi di Taranto
C’è anche il vicepresidente di Riva group tra i destinatari delle sette ordinanze di custodia cautelare emesse nell’ambito delle nuove inchieste sull’Ilva di Taranto. Il provvedimento nei confronti di Fabio Riva, figlio del patron dell’Ilva, Emilio, ai domiciliari dal 26 luglio, non è stato ancora eseguito. Lo riferisce l’agenzia Ansa.
Sono in tutto sette, tra dirigenti del siderurgico, politici e tecnici, i destinatari di provvedimenti di restrizione della libertà personale: sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione.
Tra questi c’è Lorenzo Liberti, già presidente della facoltà di Ingegneria ambientale dell’università di Taranto, che secondo l’accusa sarebbe il destinatario di una mazzetta di diecimila euro emessa da Girolamo Archinà, ex consulente dello stabilimento, addetto ai rapporti con le amministrazioni pubbliche e licenziato ad agosto quando emersero i primi particolari dell’inchiesta esplosa in queste ore. Archinà avrebbe consegnato a Liberti i soldi nel marzo 2010 in una stazione di servizio lungo l’autostrada Taranto-Bari. La mazzetta doveva servire, secondo i gip Patrizia Todisco e Vilma Gilli, ad attenuare la perizia che Liberti, assieme ad altri esperti, stava conducendo su incarico della procura di Taranto relativamente all’impatto dell’inquinamento da diossina sulle condizioni di salute della popolazione tarantina.
L’Ilva ha sempre smentito che si trattasse di una tangente, asserendo che quei soldi Archinà avrebbe dovuto versarli come donazione alla diocesi di Taranto.
Gli arresti vengono eseguiti in queste ore dalla Guardia di finanza sulla base di due ordinanze di custodia cautelare firmate dai Gip. I provvedimenti sono legati ad una inchiesta parallela a quella per disastro ambientale che il 26 luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico. L’inchiesta parallela è stata denominata “Environment sold out”. “Mi auguro che questa iniziativa non sia conflittuale con l’Autorizzazione integrata ambientale, che è l’unico strumento che oggi abbiamo a disposizione per risanare lo stabilimento di Taranto”, ha detto il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini.
Sempre in queste ore il comitato Taranto Lider ha annunciato che nei prossimi giorni presenterà un esposto alla procura con il quale chiede l’accertamento del danno biologico subito da donne della provincia di Taranto affette da endometriosi e infertilità. Malattie che gli esperti del comitato mettono in relazione alle emissioni di diossine e pcb provenienti dall’area industriale.