Le Pmi italiane pagano l’energia il 68,2% in più dell’Europa. Esborsi più alti anche rispetto alle grandi imprese connazionali
Un’analisi del centro studi della Cgia di Mestre ha comparato i costi dell’energia elettrica praticati nella Ue alle piccole imprese. Quello del nostro paese è pari a 198,8 euro ogni 1.000 Kwh consumati
Le piccole imprese italiano pagano l’energia il 68,2% in più della media Ue, ma anche il 61% in più delle grandi imprese di casa nostra: in quest’ultimo caso solo in Grecia (82,4%) si registra un differenziale più elevato del nostro. È quanto emerge da un'analisi del Centro Studi della Cgia di Mestre, che ha comparato i costi dell'energia elettrica praticati in Ue alle piccole imprese. Il costo praticato nel nostro Paese, prosegue lo studio, è pari a 198,8 euro ogni 1.000 KWh consumati. Solo Cipro ha una tariffa più elevata della nostra: 234,2 euro.
Ogni 1.000 KWh consumati, “una piccola impresa italiana paga 55 euro di tasse: nessuno in Europa è più tartassato di noi. Se, invece, analizziamo l'incidenza percentuale delle tasse sul costo totale (27,7%) ci piazziamo al secondo posto: solo la Germania (32,3%) presenta un'incidenza superiore alla nostra”. Dalla Cgia ricordano poi come le piccole imprese, indicativamente intese con quelle con meno di 50 addetti, diano lavoro al 67% degli addetti italiani occupati nel settore privato e costituiscano il 99,5% del totale delle imprese presenti nel nostro Paese.
“Come è possibile – rileva Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia - che non si intervenga per ridurre i costi energetici a chi costituisce l'asse portante dell'economia del Paese? Come fa la Commissione europea ad accettare che in Europa la piccola impresa paghi l'energia elettrica mediamente il 40% in più delle grandi aziende se, tra il 2002 e il 2010, l'85% dei nuovi posti di lavoro in Ue sono stati creati dalle Pmi?”.
Secondo l’organizzazione veneta, tra le cause degli alti costi delle tariffe elettriche ci sarebbero la rinuncia al nucleare e gli oneri di sistema. Sul tema dell’abbandono del nucleare, la Cgia ricorda tuttavia che il nucleare “nasconde” dei costi che spesso sono molto sottostimati, come l’impatto ambientale, lo smaltimento delle scorie, la dismissione delle centrali che, alla fine, incidono pesantemente sia sulla qualità della vita sia da un punto di vista economico. Negli anni '80, gli utenti italiani hanno pagato oltre 180 milioni di euro per la dismissione degli impianti e per le compensazioni erogate agli enti locali che ospitavano questi siti. Altra questione, più recente, è quella degli oneri di sistema e del sostegno alle rinnovabili, responsabile di un aumento di questa quota, dal 2009 al 2012, del 137% passando da 4,7 miliardi di euro a 11,2 miliardi di euro. Sempre la Cgia ricorda però che le grandi imprese o quelle imprese energivore contribuiscono in misura minore rispetto alle altre imprese. Nel 2011, per esempio, le utenze in alta tensione o in altissima tensione hanno “assorbito” il 14,8% dei consumi complessivi, ma hanno contribuito solamente per il 7,4% del gettito totale degli oneri di sistema.