Nel 2018 Eni ha trasferito oltre 18 miliardi agli Stati in cui svolge attività upstream
In pole Libia e Angola, new entry gli Emirati. In Italia distribuiti 164 milioni. L’attività upstream è il core business dell’Eni, rappresentativo nel 2018 dell’85% del capitale investito del gruppo
Nel 2018 Eni ha trasferito agli Stati presso i quali svolge le attività estrattive un valore complessivo pari a 18,2 miliardi, inclusi certi pagamenti riportati su base volontaria (riconducibili quasi totalmente all'Iraq, per circa 8 miliardi).
Eni pubblica la relazione sui pagamenti ai Governi in ottemperanza delle “Disposizioni in materia di trasparenza dei pagamenti” del decreto legislativo dell'agosto 2015, in attuazione di una direttiva Ue, che ha istituito per le società quotate operanti nel settore estrattivo l’obbligo di trasparenze sui pagamenti effettuati ai governi. Eni ricorda che la produzione di idrocarburi del 2018 è stata di 1.851 mila boe/giorno e le riserve certe di idrocarburi al 31 dicembre 2018 erano pari a 7,15 miliardi di boe. Sulla base della rilevanza dei pagamenti emerge che quelli sopra il miliardo riguardano Libia (2,1 mld), Angola (1,6 miliardi), la new entry Emirati Arabi Uniti (1,46 miliardi) e la Nigeria (1,4 miliardi); tra 1 miliardo e 500 milioni ci sono la Norvegia (sopra 700 milioni) e l'Egitto (559 milioni), mentre all'Italia (per Val d'Agri, Sicilia, offshore Mar Adriatico, offshore Mar Ionio e Italia onshore) vanno circa 164 milioni.
Le principali variazioni nel perimetro di consolidamento del report intervenute nel 2018, rileva Eni, riguardano gli Emirati Arabi Uniti con l'acquisizione dei concession agreement Umm Shaif e Nasr, Lower Zakum nonché in Sharjah Area B e l'inizio delle attività in Oman. Per Kenia e Irlanda si precisa invece l'irrilevanza dei pagamenti effettuati nel 2018: sotto i 100mila euro, non previsti dalle disposizioni; infine, in Danimarca e in Costa d’Avorio nel 2018 nessun pagamento è stato effettuato relativo al 2017. I pagamenti effettuati in Mozambico nel 2018 sono immateriali, mentre nel 2017 furono versati 301 milioni a titolo di imposte sul capital gain della cessione a Exxon.
Nella relazione, spiega Eni, sono inclusi i pagamenti, in denaro e in natura, eseguiti in relazione allo svolgimento delle attività di esplorazione, prospezione, ricerca, sviluppo ed estrazione di petrolio (compresi i condensati) e gas naturale e sono esclusi i pagamenti relativi alle attività di raffinazione, liquefazione di gas naturale (Gnl) e gas-to-liquids e altre attività downstream. Si tratta di diritti di produzione; imposte; royalties; dividendi; premi di firma, di scoperta e di produzione; diritti e altri corrispettivi per licenze o concessioni, canoni di locazione, commissioni di accesso; realizzazione di infrastrutture o miglioramento di esistenti. Si precisa inoltre che con il termine Governo si fa riferimento a qualsiasi autorità nazionale, regionale o locale di uno Stato membro dell'Unione Europea o di uno Stato Terzo (compresi ministeri, organismi governativi e agenzie) nonché le imprese su cui i predetti soggetti pubblici esercitino "un controllo analogo a quello previsto dalla direttiva Ue".
Ai fini di maggiore trasparenza, Eni pubblica su base volontaria, previo consenso dei Paesi interessati, in aggiunta ai pagamenti fatti dalle controllate e dalle consolidate proporzionali anche le produzioni attribuite ai governi nei principali service agreement operati dall’Eni in considerazione delle caratteristiche comuni di tali contratti, non considerati dalla normativa, con quelli di ripartizione della produzione. In questo caso riguardano in misura minima l'Ecuador e quasi totalmente l'Iraq, riferiti a 146,088 milioni di barili pagati in natura corrispondenti alla spettanza dello Stato e delle compagnie di Stato Missan oil Company e Basra Oil Company.