Effetto shale. Dopo 40 anni gli Usa aprono le porte all’export di petrolio
Le scorte statunitensi continuano a crescere
L'amministrazione Obama ha aperto la strada alle prime esportazioni di petrolio in quarant'anni, mettendo di fatto fine al divieto di lunga data sulla vendita del greggio americano all'estero.
Secondo un dirigente del settore, sentito dal Wall Street Journal, le spedizioni di petrolio potrebbero iniziare già nel mese di agosto. Per ora però solo due società, le texane Pioneer Natural Resources e Enterprise Products Partners, avrebbero ricevuto il permesso di vendere petrolio ultra-light a compratori stranieri.
In pratica, l'esportazione è consentita grazie ad uno stratagemma: in base alle norme vigenti, le aziende possono esportare combustibile raffinato, come benzina e gasolio, ma non l'olio stesso.
Secondo il Dipartimento del Commercio queste due aziende avrebbero trasformato il greggio, seppur minimamente, in un modo che lo qualifica per l'esportazione, anche se non è stato raffinato in modo tradizionale.
La Brookings Institution stima che a partire dal prossimo anno potrebbero essere disponibili per l'esportazione fino a 700.000 barili al giorno.
L’altra settimana le scorte di petrolio negli Stati Uniti sono cresciute di 1,742 milioni di barili a 388,09 milioni, mentre gli analisti attendevano un calo di 1,2 milioni di barili dopo la discesa di 580.000 unità precedente. Secondo i dati diffusi dal dipartimento all'Energia, gli stock di benzina sono saliti di 710.000 unità a 214,977 milioni, dopo l'aumento di 790.000 barili dei sette giorni precedenti e il rialzo di 1,2 milioni di unità previsto.
Le scorte di distillati, che includono il combustibile da riscaldamento, sono aumentate di 1,177 milioni di unità a 120,566 milioni, mentre le stime erano per una salita di 800.000 unità, dopo la crescita di 440.000 barili della settimana precedente. L'utilizzo della capacità degli impianti si è attestato all'88,5%, in calo dall'87,1% del dato precedente e meno dell'87,9% previsto.