Energia

Investiti finora 7 miliardi di dollari in una delle aree più promettenti. Le esplorazioni sono state fermate anche per la difficile operabilità causata dall’ostilità del mondo ambientalista e per la forte instabilità legislativa

Il prezzo basso del petrolio frena la spesa per cercare nuovi giacimenti. La compagnia petrolifera anglolandese Royal Dutch Shell ha annunciato la sospensione degli investimenti avviati nel 2007 per la ricerca di petrolio nel mare dei Ciuchki e Beaufort, fra Alaska e Siberia. Le esplorazioni a 80 miglia dalle coste dell’Alaska sono state fermate anche per la difficile operabilità, che si traduce in tempi più lunghi e costi più alti, per l’ostilità del mondo ambientalista e per la forte instabilità legislativa. La Shell ha già speso 7 miliardi di dollari per la prima fase del progetto. 
Dice la compagnia: ”Continuiamo a vedere un grande potenziale nel bacino, e l’area resterà di importanza strategica per gli Stati Uniti”, tuttavia “questo è un risultato deludente per l’esplorazione di questa parte dell’area”.
La ricerca è sospesa ma non annullata: quando i prezzi del greggio renderanno conveniente investire, la Shell riavvierà le attività nel bacino dell’Artico che potrebbe rappresentare un terzo delle riserve di gas mondiali e il 13% di quelle di greggio, 400 miliardi di barili di petrolio. Quest’anno, secondo le analisi, il settore petrolifero ha ridotto del 20% gli investimenti e ha licenziato 200mila addetti in tutto il mondo.
Soddisfatta Greenpeace: “Una vittoria per tutti coloro che si sono opposti alle perforazioni nell’Artico”.
“L’esperienza della Shell dimostra che qualunque investimento nello sviluppo di ricerche petrolifere in Artico non vale il rischio per la vita e il benessere di quest’angolo del pianeta”, dice Mariagrazia Midulla, responsabile Clima & Energia del Wwf Italia.