Petrolio shock. Studio: profitti ridotti di due terzi nei prossimi 50 anni
Il think tank finanziario Carbon Tracker prevede che si passerà da 39mila miliardi a 14mila miliardi di dollari di profitti al 2070
I profitti legati al mercato dei carboni fossili potrebbero ridursi di due terzi nei prossimi 50 anni, da 39mila miliardi a 14mila miliardi di dollari, per l'effetto combinato del calo della domanda e dell'aumento del rischio legato a tali investimenti. è quanto si evince da uno studio pubblicato dal think tank finanziario Carbon Tracker.
Le conseguenze potranno essere rilevanti, non solo per le aziende che operano nel settore, ma anche per l’intero mercato finanziario e soprattutto per i Paesi dipendenti dall’export petrolifero. La ricerca, secondo la quale l’industria dei carboni fossili si trova nella fase di declino, rivede le valutazioni in merito alla profittabilità del settore. In particolare, viene modificata al ribasso la stima risalente al 2018 della Banca Mondiale, che aveva valutato i profitti futuri legati a olio, gas e carbone per 39mila miliardi di dollari.
Secondo Carbon Tracker, se la domanda si riducesse del 2% all’anno, in linea con l’accordo sul clima di Parigi, e il tasso d’interesse crescesse in allineamento con l’aumento del rischio, il valore dei profitti futuri sarebbe in realtà pari a 14mila miliardi di dollari. Le conseguenze del cambiamento strutturale dell’industria dei carboni fossili sono importanti per la stabilità finanziaria a livello globale. Infatti, lo studio ricorda come le aziende operanti in tale mercato valgano 18mila miliardi in azioni, cioè un quarto del valore totale del mercato azionario globale, e 8mila miliardi in obbligazioni, più della metà del mercato obbligazionario non-finanziario. Inoltre, il valore del debito non quotato, di cui la maggior parte è nelle mani delle banche, potrebbe essere fino a quattro volte più grande. Il declino del settore potrebbe quindi dare luogo ad uno shock negativo per l’intero sistema economico, colpendo aziende private ma anche Stati, come la Russia o l’Ecuador, per i quali il petrolio è al cuore della propria economia.
Date le circostanze, sempre secondo lo studio, è bene iniziare a prepararsi, per pianificare progressivamente la riduzione della dipendenza dai carboni fossili e gestire così l’impatto sull’economia globale, piuttosto che continuare a sostenere un’industria in declino, accelerato anche dallo scoppio della crisi legata al Covid-19. Il settore si trova dunque ad affrontare la crescente competizione da parte delle rinnovabili che già permettono di produrre energia per l’85% del mondo.