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È nato il Centro Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile. Ecco cosa farà

where Torino when Gio, 25/01/2024 who roberto

Partecipano al Centro l’Università di Torino, il Politecnico di Torino, l’Università del Piemonte Orientale e l’Università di Scienze Gastronomiche, con l’obiettivo di attrarre finanziamenti per linee di ricerca applicata e diventare punto di riferimento internazionale 

È stato presentato il nuovo cibo-sostenibile.jpgCentro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile, realizzato da Università di Torino, Politecnico di Torino, Università del Piemonte Orientale e Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Avrà sede a Pollenzo presso l’Università di Scienze Gastronomiche e Carlo Petrini come Presidente, rappresentando un polo di ricerche e di studi sul cibo come bene complessivo, connesso all’ecologia, all’agricoltura e al consumo sostenibili, all’educazione sensoriale, agli stili di vita consapevoli, al benessere del vivente, all’economia circolare, alle politiche alimentari, all’innovazione non solo tecnologica ma anche concettuale e di modello, con l’obiettivo di attrarre finanziamenti per linee di ricerca applicata e processi di sviluppo di prototipi, e di diventare un punto di riferimento internazionale sul tema. Per l'occasione è stato lanciato un appello dal neo presidente per un nuovo sistema educativo alimentare da sottoscrivere in maniera individuale e collettiva.
 

Cosa si farà: formazione e sensibilizzazione
Il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile sarà un luogo di incontro e di coordinamento, dove nasceranno e da dove partiranno i progetti collaborativi, implementati e realizzati nei laboratori specialistici di Unito, Polito, UniUPO e UniSG, secondo una logica di laboratorio diffuso che sfrutta e valorizza le infrastrutture di eccellenza già presenti nelle sedi degli Atenei piemontesi. Si svilupperà, grazie alla rete di ricercatori, studiosi, studenti, istituzioni e stakeholder che ne saranno parte attiva, lungo due assi tematici principali, che saranno approcciati trasversalmente, in un’ottica completamente interdisciplinare: quella della salute e del benessere e quello della società e della comunità. Questo significherà non soltanto attivare ricerca e formazione, ma anche promuovere e sostenere incubatori creativi e start-up per studenti o alumni delle Università che intendono sperimentare nuove vie imprenditoriali per il futuro della buona alimentazione del pianeta, così da incentivare la nascita di imprese che abbiano al centro un nuovo modello di produzione, distribuzione e consumo del cibo.
Il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile intende portare avanti inoltre un’azione forte di sensibilizzazione delle istituzioni pubbliche affinché l’educazione alimentare e, più in generale, l’educazione a stili di vita consapevoli e sostenibili, entrino in maniera organica nei curricula della scuola primaria e secondaria. La transizione ecologica non può prescindere dalla formazione delle generazioni più giovani fin dai primi anni del proprio percorso formativo. Per realizzare questo obiettivo, oltre che un’azione di advocacy forte nelle sedi istituzionali e decisionali, sarà altresì necessario immaginare strumenti di formazione degli insegnanti e degli operatori dell’educazione primaria, al fine di promuovere un ambiente educativo capace di fronteggiare le enormi sfide della contemporaneità.

Gli 11 obiettivi
Misurabilità, sostenibilità, circolarità, qualità e salubrità saranno le parole chiave intorno alle quali il Centro incardinerà i propri interventi e le proprie progettualità, con lo scopo di perseguire i seguenti obiettivi, tra loro spesso legati:
Promuovere stagionalità e località: la stagionalità comporta la disponibilità di cibi freschi, ciò consentendo di godere appieno delle loro caratteristiche organolettiche e nutritive senza intermediazione di cicli frigorigeni, catene di trasporto complesse o uso di conservanti, entrambi causa di consumi energetici (diretti o indiretti) e quindi di emissioni di gas serra. Proprio per questi minori consumi - energetici o di materiali - il cibo stagionale ha un riscontro anche nel diritto al sapore e alla sostenibilità economica per il consumatore;
Ridurre la plastica all’interno della filiera alimentare: L’inquinamento da plastiche non biodegradabili ha raggiunto livelli preoccupanti. Se da un lato sono oramai necessarie politiche attive per ripulire il mondo dalle pervasive plastiche, dall’altro è urgente sia ridurne al massimo l’utilizzo che aumentarne la riciclabilità;
Ridurre gli sprechi: Ogni anno si producono 2,6 Gton (miliardi di tonnellate) di cibo utile, generando contemporaneamente 1,3 Gton di rifiuti organici, per metà circa originati nelle mura domestiche, per l’altra metà lungo la filiera produttiva. Ridurre gli sprechi alimentari significa produrre meno CO2, disboscare meno foreste per far spazio a produzioni alimentari e, non poco in termini di riduzione delle diseguaglianze, risparmiare;
Promuovere un utilizzo rigenerativo dei suoli: il consumo di suolo continua ad aumentare: In Italia cresce più il cemento che la popolazione, e ogni secondo si perdono 2 mq di suolo fertile. È necessario rafforzare il legame tra agricoltura e ricerca, favorendo il dialogo e la collaborazione tra aziende agricole virtuose dal punto di vista dei servizi ecosistemici e centri di ricerca, con l’obiettivo di iniziare un percorso che porti alla costituzione di un network italiano di lighthouse farms (dimostratori territoriali di buone pratiche, luoghi di formazione e comunicazione) e living labs (luoghi ricerca dove gli stakeholders contribuiscono a sviluppare soluzioni e ad accelerarne l’adozione sui territori), in collaborazione con gli stakeholders attivi nel settore.
Rafforzare la biodiversità: La Convenzione ONU sulla Diversità Biologica definisce la biodiversità come la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, includendo la diversità a livello genetico, di specie e di ecosistema. Negli ultimi 10 anni sono scomparse 160 specie animali e 35,000 sono quelle a rischio, anche in conseguenza dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e di un uso scorretto dei suoli. Combattere la perdita di biodiversità non è solo una questione etica. Biodiversità significa resilienza e capacità di sopravvivere al cambiamento grazie a un sottile equilibrio che regola le relazioni tra gli esseri viventi, l’uno essendo spesso funzionale all’altro in un ecosistema complesso.
Ridurre gli anelli della filiera di produzione e trasporti delle merci: ogni volta che si tratta una materia prima alimentare se ne compromette in parte le qualità nutritive, si generano scarti, si consuma energia e si contribuisce all’effetto serra. Il trasporto di merci in container a costi bassi ha portato da un lato ad aumentare l’impronta ambientale dei cibi e dall’altro a mettere fuori mercato filiere alimentari autoctone;
Aumentare l’apporto proteico da fonti alternative alla carne: L’allevamento di bovini, anche per la sua estensione, comporta il 4% delle emissioni di gas serra di origine antropica. Questo non è legato tanto alla CO2 ma al metano associato alle deiezioni animali, essendo quest’ultimo 21 volte più efficace del biossido di carbonio nel promuovere il riscaldamento dell’atmosfera. All’insegna del principio “no one left behind” a cui ispirare la transizione ecologica - per non generare squilibri economici controproducenti- sarà necessaria una certa progressione nel disimpegno, almeno parziale, dalla carne come fonte proteica, privilegiando comunque le filiere autoctone di prossimità rispetto a quelle di importazione, su cui pesa l’impronta ambientale aggiuntiva legata al trasporto;
Tracciare e qualificare sempre meglio il cibo: qualificare, certificare e tracciare i cibi prodotti lungo l’intera catena che dal campo passa all’industria di processo, alla tavola dei consumatori fino ad arrivare alla salute di questi ultimi attraverso la blockchain, la rete informatica di nodi che gestisce in modo univoco e sicuro un registro pubblico composto da una serie di dati e informazioni, come le transazioni, in maniera aperta e distribuita, senza che sia necessario un controllo centrale;
Promuovere l’educazione alimentare nelle scuole favorendo il dialogo tra scienza e saperi tradizionali: per raggiungere la massa critica necessaria ad affrontare con successo le enormi sfide della contemporaneità, è necessario crescere una generazione di cittadini consapevoli che i propri stili di vita e in particolare i propri consumi alimentari impattano fortemente sul sistema alimentare globale;
Promuovere la salute attraverso il cambiamento degli stili di vita. La salute è perseguibile attraverso l’adozione di diete sane e sostenibili. In un’ottica di innovazione e di cambiamento del modello sanitario attuale, che dedica una parte cospicua delle proprie risorse al processo di cura, il cibo potrebbe e dovrebbe rappresentare il giro di boa verso un maggiore investimento in piani preventivi, che mirino non solamente all’incremento dell’età media di vita della popolazione, come accaduto negli ultimi decenni, ma con l’obiettivo più ambizioso di promuovere e sostenere un invecchiamento in salute. Inoltre, l’adozione di pattern dietetici sani e sostenibili, ha il duplice vantaggio di preservare non solo la salute dell’uomo, ma anche quella del Pianeta Terra.    
Supportare e promuovere la costruzione di “politiche del cibo” alle diverse scale e in particolare quella regionale e locale: le politiche del cibo su scala nazionale e regionale hanno un ruolo fondamentale nella territorializzazione delle politiche europee in campo agro-alimentare. Il nuovo Centro potrà favorire ulteriormente la collaborazione tra gli atenei piemontesi – già avviata con l’Atlante del cibo di Torino metropolitana, il lancio dell’Osservatorio nazionale sulle politiche locali del cibo e le attività della RUS (Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile) e in particolare di RUS Piemonte – consentendo di giocare un ruolo di riferimento alla scala nazionale e internazionale nel supporto e promozione alla costruzione di food policy place-based che sappiano difendere, promuovere e valorizzare le diversità bio-culturali. 

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