Cresce l’industria delle bioplastiche anche nel 2018
Il volume d’affari complessivo è di 685 milioni nel 2018, con una crescita media annua di circa l’11%. Aziende quasi raddoppiate in sei anni
Cresce l’industria delle bioplastiche in Italia sia per numero di imprese, sia per fatturato e numero di occupati. È quanto emerge dal 5° rapporto annuale di Assobioplastiche. Nel 2018, in Italia, in base ai risultati dello studio effettuato da Plastic Consult, società indipendente che svolge studi e analisi di mercato nel settore delle materie plastiche, l’industria delle plastiche biodegradabili e compostabili è rappresentata da 252 aziende – suddivise in produttori di chimica e intermedi di base (5), produttori e distributori di granuli (20), operatori di prima trasformazione (162), operatori di seconda trasformazione (65). Gli addetti dedicati sono 2.550 per 88.500 tonnellate di manufatti compostabili prodotti in Italia, con un fatturato complessivo di 685 milioni di euro.
La crescita del numero di imprese presenti nel settore è costante negli ultimi anni: da 143 operatori del 2012 ai 252 del 2018. Considerando i potenziali nuovi entranti - lo studio Plastic Consult individua una cinquantina circa di imprese di prima trasformazione che ha effettuato test e prove sull’impiego di polimeri compostabili nel corso del 2018 - è ragionevole prevedere un progressivo incremento del numero di imprese attive nel settore anche nei prossimi anni.
Anche il fatturato sviluppato dalla filiera industriale è notevolmente cresciuto nel corso degli ultimi anni, passando da poco meno di 370 milioni di € del 2012 ai 685 milioni di € nel 2018, con una crescita media annua di circa l’11%. Un forte incremento è stato registrato proprio nel corso dell’ultimo anno, in particolare nella parte alta della filiera, quella relativa ai produttori di chimica e intermedi di base. Nel complesso il comparto ha aumentato il proprio valore di oltre l’85% rispetto ai primi anni di attività, nonostante la progressiva decrescita dei prezzi di vendita. Per quanto riguarda gli addetti dedicati, ovvero le persone che nelle aziende del comparto si occupano direttamente dei prodotti che entrano nella filiera delle plastiche compostabili, secondo lo Studio Plastic Consult sono pressoché raddoppiati negli ultimi anni, passando dalle 1.280 unità del 2012 fino a raggiungere le 2.550 unità nel 2018.
Negli ultimi anni, i volumi complessivi dei manufatti prodotti dall’industria sono risultati in costante crescita arrivando nel 2018 a raggiungere le 88.500 tonnellate, segnando un +21% rispetto all’anno precedente. Nel complesso, lo studio calcola un tasso di crescita media annua nell’arco temporale 2011-2018 prossimo al 10%. Se il 2011 è stato il primo anno di sviluppo del comparto, con l’entrata in vigore dell’obbligo di adottare sacchetti biodegradabili in sostituzione di quelli in polietilene, i tre anni successivi hanno avuto un andamento sostanzialmente stabile (principalmente a causa del mancato rispetto della legge e del fenomeno dei cosiddetti “falsi biodegradabili”, ossia sacchetti in PE additivati) e solo nel 2015 i volumi sono ritornati in forte crescita (oltre 12.000 tonnellate in più).
Numeri, settore per settore - Relativamente ai settori applicativi, in base allo studio Plastic Consult, nel 2018, delle 88.500 tonnellate di polimeri lavorati, il 61% è stato destinato alla produzione degli shopper monouso per la spesa, il 19% ai sacchi ultraleggeri e il restante 20% suddiviso tra i sacchi per la raccolta della frazione organica, manufatti per l’agricoltura, la ristorazione, il packaging alimentare e l’igiene della persona: gli shopper per asporto merci hanno superato le 54.000 tonnellate (+8,4% sul 2017) nonostante la persistente diffusione di sacchetti fuori norma; i sacchetti ultraleggeri per il primo imballo alimentare hanno visto più che raddoppiare i volumi, passando da meno di 8.000 a tonnellate del 2017 a 16.500; il film per agricoltura è arrivato a poco meno di 2.000 tonnellate, con un incremento superiore al 10% rispetto all’anno precedente; da segnalare il fortissimo recupero degli articoli monouso, in aumento quasi del +90%.
L’urgenza della questione "climate change", una rinnovata attenzione al tema della sostenibilità ambientale da parte delle amministrazioni comunali e i comportamenti sempre più virtuosi dei cittadini hanno spinto la domanda di stoviglie monouso in bioplastica compostabile riciclabili con la raccolta del rifiuto organico, sia per l’organizzazione di eventi a grande affluenza di pubblico che per le sagre paesane o i pic-nic nelle aree protette e naturalistiche; anche le capsule del caffè hanno registrato un trend di crescita, anche in questo caso in ragione della maggiore sostenibilità ambientale del prodotto che a fine vita può essere inviato a compostaggio.
Illegalità - Per quanto riguarda gli shopper per asporto merci Assobioplastiche segnala due aspetti: anche nel 2018 permane il grave fenomeno dell’illegalità, con quasi 35.000 tonnellate di sacchetti non a norma, ossia 4 su 10 sacchetti in circolazione. Nella maggior parte dei casi si tratta di borse in polietilene ma non è da sottovalutare il fenomeno di quelle solo apparentemente compostabili, che riportano marchi falsi. Lo studio Plastic Consult, infatti, rivela che il mercato italiano degli shopper è passato da 118.000 tonnellate di sacchetti in circolazione (2013) alle 88.000 tonnellate del 2018. Un calo vistoso che riflette anche i mutati comportamenti degli acquirenti, sempre più spesso dotati di borse riutilizzabili.
“Il rapporto riconferma le straordinarie potenzialità dell’industria dei materiali plastici biodegradabili e compostabili, nata per rispondere ai grandi problemi ambientali coniugando innovazione a produzione responsabile, riciclo a rigenerazione, con il rifiuto che torna ad essere materia prima”, dichiara Marco Versari, presidente di Assobioplastiche. “Oggi l’incognita maggiore per il futuro di un’industria che genera valore e sviluppa occupazione è determinata dalla direttiva SUP (Single Use Plastics) emanata dalla UE. Gli Stati membri hanno tutti gli strumenti per recepire le norme della direttiva SUP tenendo conto dei singoli contesti nazionali e dei relativi sistemi di gestione dei rifiuti, differenziando le misure di riduzione in base al diverso impatto ambientale dei singoli prodotti, come espressamente previsto dalla direttiva. Ci auguriamo che l’Italia prosegua sulla strada già intrapresa in modo lungimirante diversi anni fa volta ad incentivare l’uso sia di prodotti riutilizzabili che di monouso compostabili”.