Ronchi: “Il Sistri, mai entrato in funzione, non era necessario”
L’ex ministro dell’Ambiente ha inviato una relazione a Orlando, secondo la quale la Direttiva europea nel 2007 non imponeva il tracciamento informatico, ma si limitava a suggerirlo
Il Sistri, il sistema di tracciamento dei rifiuti pericolosi concepito sei anni fa, varato con legge nel 2010 e mai entrato in funzione, ma costato alle imprese già molti milioni, non era necessario. Lo sostiene l'ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi in una relazione inviata al nuovo ministro Andrea Orlando. “Dal punto di vista strettamente normativo - scrive Ronchi nella sua relazione - l’Italia, anche senza il Sistri, non era inadempiente rispetto alle direttive comunitarie in materia di tracciabilità dei rifiuti, perché disponeva e dispone di registri di carico e scarico e di formulari idonei e corrispondenti ai requisiti richiesti anche dalla citata Direttiva (né vi sono procedure a nostro carico in materia di tracciabilità dei rifiuti). Il sistema esistente tuttavia è certamente migliorabile e potrebbe essere reso più efficiente con un processo di informatizzazione”.
Ronchi, per conto del ministero dell’Ambiente, ha coordinato una commissione che ha consultato 31 organizzazioni imprenditoriali (da Confindustria a Confartigianato, da Coldiretti a Conftrasporti), le quali hanno approvato all’unanimità il 20 giugno scorso un documento in cui si chiede una nuova legge per abolire l’attuale Sistri che, dopo l’ultima proroga, dovrebbe entrare in vigore il primo ottobre prossimo, e sostituirlo con un nuovo sistema di tracciabilità informatizzata meno complicato e meno oneroso.
“L’abolizione del Sistri era stata già chiesta l'11 giugno scorso dal presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, eppure il Governo Monti ha voluto riproporlo, mentre l’unica cosa da fare è abolirlo e costruire al suo posto un sistema finalmente semplice, e quindi utile ed utilizzabile, come ha opportunamente annunciato il ministro Zanonato".
L’istituzione del Sistri risale al 2007, quando in base a una direttiva europea il ministero dell’Ambiente decise di avviare un sistema informatizzato di tracciamento dei rifiuti pericolosi, sulla base di un progetto della Selex (società del Gruppo Finmeccanica) che ottenne l’affidamento della commessa senza gara. Per organizzare il sistema di tracciamento circa 250mila imprese grandi, medie e piccole, hanno sborsato 110 milioni di contributi allo Stato e circa 140 milioni per l’acquisto delle "scatole nere" e delle "chiavette Usb" che avrebbero dovuto consentire il tracciamento dei rifiuti durante le diverse fasi del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti.
Ora la relazione di Ronchi chiarisce che la Direttiva europea non imponeva il tracciamento informatico, ma semmai si limitava a suggerirlo. Secondo l’articolo 20 della Direttiva, infatti, "in caso di trasferimento all’interno di una Stato membro, i rifiuti pericolosi sono corredati di un documento di identificazione, eventualmente in formato elettronico, che riporta i dati di identificazione". Dunque, per rispettare la Direttiva, bastavano i documenti identificativi cartacei, già previsti dalla nostra normativa.
Tuttavia, le organizzazioni imprenditoriali consultate dalla Commissione Ronchi sono disponibili a varare un sistema di tracciabilità informatizzata diverso dal Sistri e hanno avanzato al nuovo Governo una serie di proposte: trasmettere in forma digitale i dati dei registri di carico e scarico alle Agenzie regionali per l’Ambiente affinché siano accessibili alle Arpa e agli organi di polizia, abolendo le chiavette Usb e le scatole nere. Solo per i rifiuti pericolosi gli impianti di recupero e smaltimento dovrebbero rendere accessibile in forma digitale la loro autorizzazione, in modo che il produttore e il trasportatore dei rifiuti possano verificare l’idoneità dell’impianto di destinazione prima dell’invio e della consegna.