Copernicus segnala un inizio anomalo per la stagione del buco dell’ozono
Il foro ha iniziato a formarsi due settimane prima del solito, ma si allarga più lentamente secondo quanto emerso dai dati del Copernicus Atmosphere Monitoring Service, implementato dal Centro Europeo per le previsioni metereologiche a medio termine
I dati del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS), implementato dal Centro Europeo per le previsioni metereologiche a medio termine (ECMWF), hanno rivelato che in Antartide il buco dell’ozono ha iniziato a formarsi con due settimane di anticipo rispetto a quanto stimato, rispetto agli anni precedenti.
Come è noto, lo strato di ozono si trova nella stratosfera, oltre che nella nostra atmosfera, approssimativamente a 15 – 35 chilometri di altezza, e ha l’importante funzione di fare da scudo e proteggere il pianeta dagli effetti dannosi delle radiazioni ultraviolette.
Quanto sta succedendo quest’anno appare anomalo: i dati del CAMS mostrano come il buco dell’ozono sia attualmente “fuori centro” e le previsioni indicano segni di instabilità dovuti ad una sostanziale attività dinamica in una porzione rilevante della stratosfera. Di conseguenza, l’estensione spaziale del buco dell’ozono sta attualmente procedendo a un ritmo sostanzialmente più lento del solito. Un fenomeno che potrebbe portare ad un buco dell’ozono più piccolo e probabilmente più breve.
Ogni anno, con l’inizio della Primavera Australe a settembre, l’Antartide vede una ricomparsa del buco dell’ozono: questo succede perché durante l’inverno dell’emisfero australe, l’intera regione polare resta al buio, causando la formazione di particolari correnti d’aria, chiamate vortici. Le sostante chimiche si accumulano all’interno di questi vortici polari e, al buio, rimangono inattive, con temperature che possono scendere al di sotto dei -78 gradi. Nel momento in cui il sole sorge sul polo, l’energia solare rilascia nel vortice gli atomi chimici inattivi che, attivandosi, distruggono rapidamente le molecole di ozono e portano alla formazione del buco dell’ozono.
“Non c’è motivo di compiacersi” commenta Vincent-Henri Peuch, Head of the Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS). “Il recupero dello strato di ozono dipende dal cambiamento climatico e dal raffreddamento, a lungo termine, nella stratosfera, che può esacerbare la perdita di ozono e ritardare il processo. Inoltre, la possibilità che si verifichino emissioni non autorizzate di sostanze che riducono l’ozono non può essere esclusa. Infatti, le emissioni della seconda sostanza più abbondante nell’atmosfera, il clorofluorocarburo (CFC-11), sono state rilevate nel 2018 e potrebbero essere ricondotte in modo inequivocabile e intraprendere provvedimenti. È molto importante mantenere un forte impegno internazionale per monitorare il recupero dello strato di ozono e gli eventi relativi al buco dell’ozono”.