Da Enea arrivano i pomodori “San Marziano” pronti per i viaggi sulla Luna
Enea ha studiato come le piante alimentari possano crescere in modo adeguato in un ambiente extraterrestre, arrivando a sviluppare un vero e proprio modello
Hanno “riacceso” un pomodoro nano facendolo diventare biofortificato e lo hanno arricchito di molecole antiossidanti che sono in grado di resistere alle radiazioni dell’ambiente spaziale e utili per la dieta degli astronauti nelle missioni di lunga durata. È questo uno dei risultati ottenuti dalle attività condotte da ENEA nell’ambito dei progetti HORTSPACE e BIOxTREME, finanziati dall’Agenzia Spaziale Italiana, e i risultati sono stati pubblicati sulle riviste scientifiche, Frontiers in Astronomy and Space Sciences e Frontiers in Plant Sciences. “Nella roadmap di esplorazione umana dello spazio profondo in cui la Luna sarà tappa fondamentale verso Marte, gli astronauti dovranno autosostentarsi con le risorse a disposizione”, spiega Silvia Massa del Laboratorio Enea di Biotecnologie. “Queste piante – aggiunge – forniranno cibo fresco e salutare senza necessità di rifornimenti dalla Terra e rappresenteranno la principale fonte di molecole ad alto valore aggiunto, come antiossidanti e biofarmaci, a sostegno della vita nei futuri avamposti spaziali”.
In questo scenario, infatti, l’ambiente confinato, le differenti condizioni di gravità rispetto alla Terra e le radiazioni ionizzanti condizioneranno non solo la salute dell’uomo, ma anche la produttività delle piante e la qualità del cibo, potendo generare stress ossidativo e danni al DNA.
Il percorso di studio
Sin dal 2014, nell’ambito del progetto BIOxTREME, Enea ha studiato come le piante alimentari possano crescere in modo adeguato in un ambiente extraterrestre, arrivando a sviluppare un vero e proprio modello. In seguito, nell’ambito del progetto HORTSPACE, i ricercatori hanno valutato i requisiti di produttività e di qualità anche nello spazio, studiando come le radiazioni influenzino la fisiologia di queste piante, sottoposte alla simulazione di un ambiente spaziale. Rispetto alle piante non ingegnerizzate, il pomodoro sviluppato da Enea – ribattezzato “San Marziano” dai ricercatori – ha dimensioni più compatte e un maggior contenuto di antocianine, con trascurabili variazioni di crescita e fotosintesi.
Il pomodoro riacceso
“Gli esperimenti dalla NASA sulle piante al di fuori dell’ambiente terrestre hanno consentito valutazioni microbiologiche su specie edibili ma non studi sulle performance delle piante e degli alimenti derivati”, sottolinea Massa. “Grazie al nostro modello realizzato in collaborazione con l’Università di Amsterdam – Swammerdam - siamo riusciti a ‘riaccendere' nel pomodoro la biosintesi delle antocianine che è ‘dormiente' nelle specie attualmente coltivate, ottenendo così il pomodoro biofortificato e, per la prima volta al mondo in modo così sistematico, abbiamo studiato gli effetti delle radiazioni ionizzanti durante l’intero ciclo vitale, oltre che sui principali indici del metabolismo primario e secondario”, conclude Massa.
Il team Enea si è avvalso per le ricerche dell’impianto Calliope nel Centro Ricerche Casaccia (Roma). “Si tratta di una facility di irraggiamento dalle caratteristiche uniche nel panorama italiano ed europeo, in grado di simulare alcune delle condizioni presenti nello Spazio e utile per conoscere e prevenire gli effetti che l’ambiente spaziale - e le radiazioni di cui è ricco - possono provocare sull’uomo e sui dispositivi tecnologici”, sottolinea Alessia Cemmi, responsabile del Laboratorio Enea di Sistemi nucleari innovativi.
L’esplorazione dello spazio ha sempre rappresentato un potente acceleratore di tecnologie per applicazioni sulla Terra, dove è urgente il ricorso all’innovazione tecnologica in agricoltura per far fronte all’aumento della popolazione mondiale, alla riduzione delle superfici coltivabili e agli effetti dei cambiamenti climatici. La ricerca Enea sulle biotecnologie punta allo sviluppo sia di piante resistenti a condizioni estreme (deserti, basi antartiche o ambienti disagiati come le basi militari) che di piante “biofabbrica” per la produzione di molecole di interesse farmaceutico.