L'Unione Europea rinnova l'uso del glifosato per altri 5 anni
In 18 a favore tra cui la Germania. L’Italia e i paesi del Mediterraneo hanno votato contro. Il glifosato nel mondo ha registrato vendite per 4,75 miliardi di dollari
L'Unione Europea ha rinnovato per altri 5 anni l'autorizzazione all'utilizzo del glifosato, uno dei più potenti e diffusi diserbanti del mondo. Lo ha deciso il Comitato d'appello dell'Unione Europea, dopo diversi rinvii.
Italia, Francia e gran parte dei Paesi del Mediterraneo - con l’eccezione di Spagna e Portogallo - si sono dette contrarie, ma la Germania e altri Stati, tra i quali quelli dell’Est e del Nord Europa, hanno fatto pendere l'ago della bilancia a favore del glifosato, sostanza i cui effetti sull'uomo sono molto dibattuti: mentre l’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) la reputa "non cancerogena", l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l'ha classificata come “probabilmente cancerogena per gli esseri umani”.
Il glifosato è un diserbante non selettivo, vale a dire una molecola che elimina indistintamente tutte le erbe infestanti. È stato introdotto sul mercato dall'azienda agroalimentare americana Monsanto nel 1974 ed è oggi l’erbicida più utilizzato al mondo: dalla sua introduzione ne sono state spruzzate sui campi quasi 9 milioni e mezzo di tonnellate.
Se la sua efficacia è ampiamente comprovata, la sua sicurezza è stata messa in discussione più volte. Per Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, questo voto “è un regalo alle multinazionali agrochimiche, a scapito di salute e ambiente. Bene comunque il voto contrario dell’Italia, che ha dimostrato nuovamente di dare priorità alla tutela delle persone, e non al fatturato di chi produce e commercia il glifosato”.
L'uso del diserbante è da tempo regolato nel nostro paese. L'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) aveva infatti già dichiarato che il glifosato costituisce “un buon esempio di sospetta cancerogenicità, non sufficientemente dimostrata, nei confronti della quale le istituzioni hanno deciso di mettere in atto il principio di precauzione: non vietarne del tutto l'uso (mossa che potrebbe avere effetti negativi sulla produzione agricola) ma istituire limiti e controlli nell'attesa di ulteriori studi”.