Scienziati Ibm scoprono un nuovo catalizzatore per creare plastiche biodegradabili dalle piante
I ricercatori di Ibm Research e della Stanford University hanno creato un metodo a basso costo per rendere comunemente disponibili materie plastiche ricavate dalle piante
Anche se cucchiai e forchette biodegradabili esistono già in commercio, i consumatori spesso optano per alternative più convenienti, a base di petrolio. Ibm Research ha annunciato che i suoi ricercatori hanno individuato un catalizzatore chimico che può essere utilizzato per creare materie plastiche biodegradabili più convenienti delle attuali, partendo da piante come palme e barbabietole. Queste materie plastiche molto economiche possono essere utilizzate per la fabbricazione di comuni oggetti di consumo in plastica, come ad esempio le posate, ma anche di dispositivi medicali.
“L’aspetto più entusiasmante di questa scoperta è che ora abbiamo a disposizione un modo più economico di convertire alcune piante in comuni materie plastiche di consumo, che si decompongono nel corso del tempo, offrendo quindi un'alternativa al riciclaggio della plastica,” ha detto Gavin O. Jones, chimico computazionale presso IBM Research – Almaden a San Jose, California. “Rendere di uso comune le materie plastiche biodegradabili significa ridurre l’impatto sui nostri sistemi di gestione dei rifiuti solidi”.
Il metodo attualmente utilizzato per convertire le piante in plastica biodegradabile implica la presenza nel processo di metalli pesanti che, sebbene utilizzati in piccole quantità, sono estremamente difficili da rimuovere, per cui permangono nel materiale e non si decompongono nel corso del tempo. Il nuovo catalizzatore è una sostanza organica che riduce l'energia necessaria per effettuare la conversione delle piante in plastica. Esso non contiene metalli pesanti e può quindi decomporsi nell'ambiente nel corso del tempo proprio come la plastica stessa.
“In questo studio, abbiamo utilizzato una combinazione di modelli predittivi e attività sperimentale di laboratorio per arrivare a questa scoperta,” ha commentato Xiangyi Zhang, dottorando che collabora con il dottor Robert Waymouth del Dipartimento di Chimica dell’Università di Stanford. “Questo approccio di tipo “tag-team” elimina gran parte delle congetture e dei tentativi e contribuisce ad accelerare il processo di individuazione di materiali”.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Chemistry nell’ambito di una collaborazione di lunga data con il Dipartimento di Chimica dell'Università di Stanford e finanziato in parte dalla National Science Foundation.