La sostenibilità diventa obiettivo di sistema. Imprenditori più attenti a fornitori e welfare
Nell’industria e nel commercio si moltiplicano le politiche di filiera, ma le buone pratiche vengono comunicate poco e male. Il Pnrr resta un’incognita per 9 imprese su 10
Avanti, con prudenza. Chi si aspettava un’accelerazione improvvisa da parte delle imprese italiane nelle politiche per la sostenibilità, come colpo di reni dopo l’anno orribile della pandemia e per intercettare il treno dei finanziamenti pubblici del Recovery Plan, dovrà ricredersi. Secondo quanto emerge dal quinto Osservatorio Sostenibilità & Comunicazione condotto da Format Research e promosso da Mediatyche, Homina e The Map Report, infatti, la transizione procede ma senza strappi. Con un’unica eccezione rilevante: gli imprenditori italiani sembrano aver metabolizzato il concetto di sistema e compreso che le buone pratiche sostenibili, quelle efficaci, devono riguardare tutta la filiera.
Principali evidenze
Nel 2021 cresce l’attenzione per gli ecosistemi sostenibili: il 36,4% delle aziende seleziona i propri fornitori in funzione delle loro buone pratiche ambientali. Nel 2020 lo faceva meno del 22,5%. La percentuale sale al 45% tra le imprese dell’Emilia-Romagna e nell’ingrosso; sono i consumatori a fare la differenza: boom delle imprese che affermano di aver acquisito nuovi clienti grazie alle politiche di sostenibilità adottate dalla filiera, che passano dall’8,5% del 2020 al 14,8 di quest’anno. Il 18,7% degli imprenditori del commercio e dell’ingrosso dichiara di aver ricevuto la richiesta dai clienti di dimostrare di operare in una filiera sostenibile. Il 4% in più rispetto al 2021; complessivamente, l’84,4% degli imprenditori ritiene la propria azienda sostenibile, ma solo il 27,9% prevede premi ad hoc per i manager che raggiungono risultati positivi in quest’area e solo nel 18% delle realtà esiste una figura che si occupa di politiche per la sostenibilità. Per quanto riguarda il Pnrr, il 71% delle imprese dichiara di sapere cosa sia, ma solo il 7,3% afferma di conoscerlo in dettaglio. Per il 60% circa degli intervistati, i maggiori benefici riguarderanno le energie rinnovabili e i risparmi energetici degli edifici, ma solo un imprenditore su 3 pensa che la propria azienda ne beneficerà in maniera diretta. Il 46% introdurrà entro tre anni una figura specializzata nelle politiche eco-compatibili nella propria impresa.
“Per la prima volta – sottolinea Pierluigi Ascani, founder di Format Research – abbiamo registrato un’impennata nel numero di imprese, soprattutto del commercio e dell’industria localizzate in Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, che seleziona i propri fornitori in base alle loro capacità di risultare sostenibili. Stiamo parlando di quasi un’impresa su due, mentre lo scorso anno non si arrivava a una su quattro”. Realtà importanti, in prima linea nella partita della transizione sostenibile, che fa ben sperare proprio per l’effetto trascinamento che possono esercitare su piccoli artigiani, agricoltori e imprese di servizio. Perché, per il resto, la forbice tra le grandi aziende e quelle medio-piccole rimane enorme. Le prime sono da tempo soggette a obblighi di rendicontazione che le hanno costrette ad organizzarsi, mentre le altre navigano ancora a vista. Con il risultato che meno di un’impresa su 5 oggi redige il bilancio di sostenibilità o ambientale e poco più di una su 10 trasforma in statistiche rendicontabili le proprie buone pratiche.