Consumo di suolo – L’Italia cementifica l’equivalente di 936 campi di calcio al giorno
I dati dell’Anbi presentati a Roma. L’impermeabilizzazione, cioè la cementificazione, è uno dei maggiori processi di degrado del suolo ed è un problema in tutta Europa
L’impermeabilizzazione, cioè la cementificazione, è uno dei maggiori processi di degrado del suolo ed è un problema presente in tutta Europa, uno dei continenti più urbanizzati al mondo. Si calcola che tra il 1990 e il 2006 si sia avuto un aumento delle aree di insediamento del 9% in media.
“E in Italia il consumo del suolo nel periodo 1990-2005 è stato di oltre 244mila ettari all’anno, circa due volte la superficie del comune di Roma, in pratica oltre 668 ettari al giorno, ossia circa 936 campi da calcio”. Lo ha ricordato a Roma Massimo Gargano, presidente dell’Anbi, l’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni, in occasione della presentazione del Piano 2013 per la riduzione del rischio idrogeologico nel nostro paese.
“È una priorità continentale limitare e compensare l’urbanizzazione del suolo, impedendo l’occupazione di altre aree verdi”, ha osservato Gargano. Al riguardo, la Commissione europea ha pubblicato uno studio cui ha contribuito l’Anbi. Nella ricerca viene analizzata la forte pressione della cementificazione sulle risorse idriche: un suolo può incamerare fino a 3.750 tonnellate di acqua per ettaro o circa 400 millimetri di precipitazioni, ma l’impermeabilizzazione riduce l’assorbimento, in casi estremi impedendolo completamente.
Rischio idrogeologico per l’82% dei comuni – Come già nel 1951, 1966, 1994, 2010 e 2011 anche nel 2012 il mese di novembre è stato foriero di alluvioni: in Toscana, dove si sono registrati anche sette morti, e in Umbria. Nei giorni scorsi situazioni critiche si sono registrate anche in Emilia Romagna e Veneto.
Il dissesto idrogeologico in Italia interessa, secondo i dati ufficiali, l’82% dei comuni. Sei milioni di persone abitano in un territorio ad alto pericolo idrogeologico, è stato ricordato al convegno, e 22 milioni in zone a pericolo medio. Si calcola che 1.260.000 edifici, tra cui oltre seimila scuole e 531 ospedali, sono a rischio di frane e alluvioni
Secondo i dati Ance-Cresme, tra il 1944 e il 2011 il danno economico prodotto in Italia dalle calamità naturali supera i 240 miliardi di euro, con una media di circa 3,5 miliardi all’anno. Le calamità idrogeologiche hanno contribuito per circa il 25% al danno complessivo.
Le cause – “Le cause sono molteplici – ha spiegato il presidente dell’Anbi. – La variabilità climatica, l’eccessiva urbanizzazione, il disordine nell’uso del suolo, la mancata cura del territorio attraverso una costante manutenzione. In generale, molte delle calamità sono generate da eventi idrologici eccezionali, che si ripetono cioè non prima di trent’anni e di cui si può ridurre l’impatto solo attraverso azioni volte a rinforzare i territori fragili, provvedendo alla manutenzione idraulica, assicurando il funzionamento degli impianti idrovori e il consolidamento degli argini”.