Animalìe. Living Planet del Wwf: i vertebrati hanno subito un declino di quasi due terzi
Il rapporto che analizza la perdita di animali (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, pesci) nel mondo dal 1970 ad oggi propone modelli per invertire la curva in picchiata. Tra le cause la deforestazione, l’agricoltura non sostenibile e il commercio illegale di fauna selvatica
Se fossero legate ad azioni quotate in Borsa, farebbero tremare i polsi ai mercati finanziari globali: le curve pericolosamente negative che emergono dall’analisi Wwf sul Pianeta Vivente parlano invece di gorilla, orsi, pappagalli, tartarughe e storioni, tutti elementi fondamentali degli ecosistemi grazie ai quali l'umanità vive.
“Purtroppo i due aspetti, economico e ambientale, a cui aggiungere quello sanitario – dice il Wwf nel presentare l’edizione 2020 del rapporto Living Planet - non sono affatto disgiunti: la natura è essenziale per l’esistenza umana ed è proprio su di essa che si basa l’intera economia, sui suoi servizi che garantiscono sicurezza alimentare, riduzione degli impatti dovuti agli eventi naturali, acqua potabile, salute e medicine, solo per citarne alcuni”.
Alcuni numeri del rapporto
Il Living Planet Report, lanciato dal Wwf al livello internazionale, misura la riduzione delle popolazioni globali di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci. L’analisi 2020 mostra un calo medio di due terzi avvenuto in meno di mezzo secolo, causato in gran parte dalla distruzione degli ecosistemi. Il Living Planet Index, fornito dalla Zoological Society of London, mostra infatti che i fattori ritenuti in grado di aumentare la vulnerabilità del pianeta alle pandemie, come il cambiamento dell'uso del suolo e l'utilizzo e il commercio di fauna selvatica, sono gli stessi che hanno determinato il crollo delle popolazioni di specie di vertebrati tra il 1970 e il 2016, il cui valore medio globale si attesta intorno al 68% di perdita.
Alcuni commenti
"Il Living Planet Report 2020 sottolinea come la crescente distruzione della natura da parte dell'umanità stia avendo impatti catastrofici non solo sulle popolazioni di fauna selvatica, ma anche sulla salute umana e su tutti gli aspetti della nostra vita", afferma Marco Lambertini, direttore generale del Wwf Internazionale. "Non possiamo ignorare questi segnali: il grave calo delle popolazioni di specie selvatiche ci indica che la natura si sta deteriorando e che il nostro pianeta ci lancia segnali di allarme rosso sul funzionamento dei sistemi naturali. Dai pesci degli oceani e dei fiumi alle api, fondamentali per la nostra produzione agricola, il declino della fauna selvatica influisce direttamente sulla nutrizione, sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza di miliardi di persone”.
"La natura è alla base della nostra salute, del nostro benessere e dei nostri mezzi di sussistenza, eppure la stiamo distruggendo molto più velocemente di quanto sia in grado di ricostituirsi”, dice la presidente del Wwf Italia Donatella Bianchi.
Il costo ecologico
Secondo il rapporto, la continua perdita di biodiversità minerà il raggiungimento della maggior parte degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, compresa la riduzione della povertà e la sicurezza alimentare, idrica ed energetica. Ma la biodiversità ha anche un valore economico sbalorditivo, che dovrebbe essere riconosciuto nei sistemi contabili nazionali. A parere del Wwf, gli impatti economici del declino della natura costeranno al mondo almeno 479 miliardi di dollari all'anno, aggiungendo fino a circa 10 trilioni di dollari entro il 2050.
Dettagli di natura
Le specie in via di estinzione analizzate includono il gorilla di pianura orientale, per il quale nel Parco Nazionale Kahuzi-Biega (Repubblica Democratica del Congo) è previsto un calo dell'87% tra il 1994 e il 2015, principalmente a causa della caccia illegale, e il pappagallo cenerino in Ghana sud-occidentale, il cui numero è diminuito fino al 99% tra il 1992 e il 2014 a causa delle trappole usate per il commercio di uccelli selvatici e la perdita di habitat.
Il Living Planet Index ha monitorato quasi 21mila popolazioni di oltre 4mila specie di vertebrati tra il 1970 e il 2016. Anche le popolazioni di fauna selvatica che si trovano negli habitat di acqua dolce hanno subito un calo dell'84%, il calo medio della popolazione più netto tra tutti i bioma, equivalente al 4 per cento all'anno dal 1970. Un esempio è costituito dalla popolazione riproduttiva dello storione cinese nel fiume Yangtze in Cina, diminuita del 97% tra il 1982 e il 2015 a causa dello sbarramento del corso d’acqua.