Aria viziata – Lo stand by verde del mondo ci costa il 50% di gas serra in più
Il rapporto Ocse “The consequences of inaction” è un richiamo ai governi: le politiche sostenibili sono urgenti o nel 2050 il pianeta sarà più insalubre e povero. Ben 2,3 miliardi di persone rimarranno senz’acqua. Clima: seicento anni fa un “rapido scioglimento al Polo sud” segnalato dal British antarctic survey
Un aumento del 50% delle emissioni di gas a effetto serra con il conseguente peggioramento della qualità dell’aria nelle città e della salute dei cittadini. Scarsità d’acqua per 2,3 miliardi di persone in più e una diminuzione del 10% della biodiversità terrestre a livello mondiale. Sarà così il nostro pianeta al 2050, se i governi non cambieranno rotta attuando politiche più verdi.
Le allarmanti proiezioni sono contenute nel rapporto dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, “The consequences of inaction”, basato sui modelli elaborati con l’Agenzia di valutazione ambientale dei Paesi Bassi.
“Con una popolazione di 7 miliardi di persone, il mondo al 2012 si trova ad affrontare sfide economiche e sociali molto complesse”, spiega Angel Gurrìa, segretario generale dell’Ocse. Se non interverranno cambiamenti sostanziali per quanto riguarda il mix energetico, “i combustibili fossili forniranno circa l’85% della domanda di energia nel 2050 – aggiunge – il che implica un aumento del 50% delle emissioni di gas a effetto serra e il peggioramento dell’inquinamento dell’aria urbana. L’impatto sulla qualità di vita dei cittadini sarebbe disastroso”.
Secondo il rapporto, entro il 2050, la popolazione terrestre dovrebbe passare da 7 a oltre 9 miliardi di abitanti e si prevede che quasi il 70% sarà composto da residenti urbani, contribuendo così ad accentuare inquinamento atmosferico, congestione dei trasporti e gestione dei rifiuti. Il livello dell’inquinamento atmosferico potrebbe diventare la principale causa ambientale di mortalità prematura a livello mondiale: in particolare, il numero di decessi prematuri dovuti all’esposizione al particolato potrebbe raddoppiare fino a raggiungere 3,6 milioni l’anno. In più, all’aumento della popolazione corrisponde un aumento della domanda di energia che, in assenza di politiche più efficaci, potrebbe vedere quella fossile rappresentare una quota di circa l’85% del mix globale. Con un innalzamento delle emissioni di CO2 legate all’energia dell’ordine del 70%.
Sul fronte climatico, esce in questi giorni anche un’analisi del British antarctic survey. Che, pur senza contraddire la convinzione che l’attuale fase di riscaldamento globale sia provocata dalle attività umane, introduce un nuove elemento di conoscenza oggettiva nelle discussioni in merito. Grandi e relativamente rapidi aumenti della temperature, con conseguente scioglimento dei ghiacci, si sarebbero infatti verificati varie volte nel corso della storia al Polo sud. Lo ha accertato il team di scienziati e ricercatori che hanno ricostruito antiche temperature in una delle zone dell’emisfero meridionale che sta riscaldandosi con maggiore velocità.
In particolare hanno accertato – come riporta la rivista “Nature” – che seicento anni fa, quindi assai prima dell’inizio della rivoluzione industriale, si è registrato un aumento di oltre due gradi in meno di un secolo. Gli esperimenti sono stati condotti nella James Ross Island facendo un carotaggio di ghiaccio che alla profondità di 364 metri, in contatto diretto con uno strato formatosi almeno 15mila anni fa: un salto indietro nel tempo molto più marcato di quanto si sia riusciti a fare con tutte le precedenti rilevazioni.