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​La battaglia della CO2 e delle emissioni. Tutto quello che accade

where Bruxelles (Belgio) when Lun, 20/01/2014 who michele

Su target Ue e rinnovabili l’Europa è già divisa. Ecco le posizioni, le parti in causa, i pareri

Taglio della CO2 e quota di energia da rinnovabili sono i temi su cui si giocherà la partita per la strategia Ue su clima ed energia per il 2030.
In questi giorni la commissione Ambiente del Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che chiede di introdurre un nuovo obbiettivo vincolante a livello Ue sulle emissioni a effetto serra che passi, dall'attuale riduzione del 20% entro il 2020, ad un taglio delle emissioni del 40% entro il 2030. Lo si legge in una nota dell'eurodeputata che ha preparato la risoluzione, Anne Delvaux (PPE). Nel dettaglio, riduzione del 40% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto al 1990, incremento del consumo di energie rinnovabili al 30% e aumento dell'efficienza energetica del 40%. Questi i nuovi obiettivi al 2030 vincolanti per la Ue approvati dalla commissione Industria, ricerca ed energia del Parlamento europeo. Il testo approvato dovrà essere votato dalla sessione plenaria del Parlamento europeo che si riunirà a febbraio.
La Commissione europea dovrebbe presentare le sue proposte sulla strategia fino al 2030 contro il cambiamento climatico il 22 gennaio e il Parlamento è co-legislatore nella materia.
Alcuni Stati membri e l'Europarlamento hanno già scaldato i motori per quella che si prospetta a Bruxelles come una dura battaglia, con grandi divisioni a livello politico e fra i 28 Paesi.
L'Italia ha già fatto blocco con le altre tre maggiori economie europee (Germania, Francia e Gran Bretagna) per chiedere un obiettivo di riduzione di almeno il 40% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990. Lo stesso messaggio lanciato dalla relazione congiunta delle commissioni ambiente e industria dell'Europarlamento e che risulta quello più probabile per la proposta della Commissione europea, secondo fonti
comunitarie.
Il grande pomo della discordia, alla fine, sarà quindi quello delle rinnovabili: la Gran Bretagna ha già espresso chiaramente il suo "no" ad altri obiettivi vincolanti oltre a quello della CO2. Secondo i britannici, un target sulle rinnovabili sarebbe costoso e la transizione a un'economia verde dovrebbe essere dettata dal mercato. Una posizione che vede alleata un big dell'area orientale come la Polonia, impegnata a difendere il suo carbone.
L'Italia, schierata ora con Francia, Germania,Austria, Belgio, Danimarca, Irlanda e Portogallo, fa pressing perché un target sulle fonti verdi venga previsto, senza però definire né un "quantum" né se debba essere vincolante o meno. L'ipotesi più accreditata è quindi che la nuova strategia in arrivo a Bruxelles si basi su un impegno volontario, dando agli Stati membri più libertà di scegliere il proprio mix energetico, ma tagliando le gambe ai forti incentivi per le rinnovabili.
Sul fronte dell'Europarlamento le commissioni ambiente e industria si sono accordate su un target del 30% di consumo da rinnovabili, oltre che su un un aumento del 40% dell'efficienza energetica.  Quest'ultimo però per ora è destinato a rimanere nell'ombra, visto che quello del 20% già fissato per il 2020 non sarà raggiunto e si attende la revisione dell'apposita direttiva.
Questo testo inoltre deve ancora passare al vaglio della plenaria del Parlamento europeo a febbraio. Una prima vittoria "non significa una partita vinta in plenaria, - spiega la relatrice della commissione ambiente, l'eurodeputata belga Delvaux (Ppe) - perché sono temi sensibili che dividono i parlamentari, come gli Stati membri e la Commissione stessa".
Ottimista il presidente della commissione ambiente, il socialista tedesco Matthias Groote, secondo cui quella approvata "è una road map realistica" e "il Parlamento europeo fa da apripista, gli Stati membri seguiranno".
Gli ambientalisti, che chiedono tre obiettivi sostanziosi e vincolanti, si batteranno per l'energia verde. "Nella crisi economica più nera dell'ultimo secolo, uno degli unici settori in grado di crescere, creando innovazione e lavoro, è stato quello delle rinnovabili - spiega Mark Breddy, portavoce di Greenpeace per l'Ue - principalmente grazie all'obiettivo obbligatorio del 20% del 2020", mentre quello sull'efficienza energetica, l'unico non vincolante, non verrà raggiunto. Il primo banco di prova della strategia al 2030 dell'esecutivo Ue sarà quello dei 28 ministri europei dell'ambiente e dell'energia a marzo, poi dei leader europei. I tempi per trovare l'accordo e preparare una proposta legislativa sono stretti: il mandato di questa Commissione Ue scade a ottobre.
L'Italia e le altre maggiori economie dell'Unione dei 28 spingono sulla Commissione europea per un obiettivo Ue di riduzione del 40% delle emissioni di CO2 per il 2030. "Un target ambizioso di un taglio di almeno il 40% delle emissioni di gas serra sarà centrale per sbloccare decine di miliardi di investimenti nell'economia a basso contenuto di carbonio di cui abbiamo urgente bisogno", scrive il ministro dell'ambiente, Andrea Orlando, in una lettera alla commissaria europea per il clima, Connie Hedegaard, firmata anche dai ministri tedeschi di economia e ambiente, Sigmar Gabriel e Barbara Hendricks, al ministro per l'energia britannico Ed Davey e al collega francese responsabile di sviluppo sostenibile ed energia, Philippe Martin, cui poi si sono aggiunte Olanda e Spagna.
I potenziali investimenti nell'economia verde vanno nella direzione di "innovazione, occupazione e crescita, che rafforzeranno le nostre economie", si legge nella lettera, che arriva all'esecutivo Ue in vista della sua presentazione, il prossimo 22 gennaio, delle proposte sul cosiddetto "pacchetto clima ed energia" per il 2030. Si tratta della seconda lettera destinata alla Commissione europea a cui ha aderito l'Italia, dopo quella assieme ad altri sette Paesi Ue in cui solleva la necessità anche di un target per le energie rinnovabili per il 2030.
Ma sarà "battaglia sino all'ultimo minuto" su cifre e vincoli tra i commissari Ue che mercoledì dovranno adottare il pacchetto di misure sui target climatici, energetici, ambientali e industriali, tutti strettamente collegati gli uni agli altri.
La partita vede da una parte la tutela della competitività dell'industria e la sostenibilità dei prezzi per i consumatori, e dall'altra la capacità di attirare investimenti in Europa sulle tecnologie verdi.
L'esito preciso delle discussioni, che fervono tra le diverse direzioni generali della Commissione Ue in vista della decisiva riunione del Collegio del 22, non è scontato. Anche se sembra andare verso un 40% vincolante di taglio delle emissioni di CO2, come sostenuto dalla commissaria al clima Connie Hedegaard, dal presidente Barroso e anche dai ministri dell'ambiente che hanno firmato la lettera, mentre gli obiettivi sulle rinnovabili resterebbero non obbligatori.
Difatti la Commissione europea non intende più fissare in futuro per ogni Paese gli obiettivi da raggiungere per l'estensione delle energie rinnovabili. Josè Manuel Barroso sarebbe favorevole al non rinnovo dopo il 2020 delle prescrizioni a ogni Paese su come aumentare entro il 2030 la percentuale di energie rinnovabili.
La linea di resistenza su cui concordano diversi commissari tra cui Antonio Tajani, Otto Rehn e Gunther Oettinger, è evitare di affossare del tutto la competitività dell'industria europea, già messa a dura prova dalla crisi.
Nessuno è contrario a ridurre in linea di principio le emissioni di CO2, ma si vuole anche evitare un carbon leakage a favore degli impianti industriali ad alto impatto ambientale dei paesi emergenti come la Cina, e la chiusura ulteriore di quelli europei per deficit di competitività. I dati in possesso di Bruxelles mostrano infatti una situazione differenziata a seconda del comparto, dove quelli più penalizzati da target climatici ambiziosi sarebbero quelli dell'industria pesante.
Un ulteriore tassello della strategia Ue dovrebbe arrivare per Pasqua, quando il commissario alla concorrenza Almunia dovrà presentare le nuove norme sugli aiuti di stato valide sino al 2020, che riguardano in particolare le industrie energivore.
In una lettera mandata da Emma Marcegaglia – presidente di Business Europe – alla Commissione europea si legge che “è essenziale che le iniziative sia sviluppate in modo coerente e complementare”. Nonostante gli impegni assunti, “troppo spesso ci confrontiamo con iniziative della Commissione che minano la competitività della nostra industria. L'Europa deve far fronte alla perdita di investimenti mentre nuovi investimenti nei settori manifatturieri vengono effettuati in misura crescente fuori Europa in particolare a causa degli alti costi dell'energia e delle politiche sul clima”. Sarebbe “estremamente dannoso se la Commissione proponesse contemporaneamente una comunicazione sul modo per migliorare la competitività e un pacchetto energia/clima che mette in discussione quell'obbiettivo”.
BusinessEurope sottolinea che dopo una serie di messaggi sbagliati va rafforzata la protezione contro il trasferimento di queste industrie fuori della Ue perché costrette ad affrontare la concorrenza delle industrie dei paesi extracomunitari non soggetti ad analoghe restrizioni sulle emissioni di carbonio. Il valore di riferimento deve restare a 30 euro per tonnellate di CO2 ed è “cruciale” che il sistema Ets continui fino al 2020 permettendo di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni al minimo costo mantenendo l'attuale protezione delle industrie a rischio di “carbon leakage”.
“Pieno sostegno alla necessità di fissare obiettivi ambiziosi e vincolanti non solo sul taglio della CO2 ma anche sulle fonti di energia rinnovabile e sull'efficienza energetica” da parte delle associazioni Greenpeace, Legambiente e Wwf e del Coordinamento Free, che raggruppa le principali associazioni di imprese del settore delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. Una lettera in tal senso è stata inviata al presidente del Consiglio Enrico Letta e ai ministri dell'Ambiente Andrea Orlando e dello Sviluppo economico
Flavio Zanonato. Proprio “il pacchetto 20-20-20 ha infatti mostrato come quasi la metà della riduzione delle emissioni di CO2 in Ue sia stata ottenuta proprio grazie allo sviluppo del settore delle fonti Rinnovabili” sostengono  le associazioni ambientaliste.
 
 

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Sede del Parlamento Europeo a Bruxelles
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