La Corte di giustizia boccia la caccia giapponese alle balene (alla faccia del sushi)
Le navi baleniere non svolgono attività di ricerca scientifica. La soddisfazione di Greenpeace
La Corte internazionale di Giustizia dell'Aja ha deciso oggi che il programma giapponese di caccia alle balene non ha fini scientifici, risolvendo il contenzioso sollevato dall'Australia che aveva citato il Giappone in giudizio chiedendo una pronuncia sulla caccia alle balene ritenuta mera attività commerciale destinata, come è noto, a rifornire i mercati giapponesi del sushi.
Per la Corte internazionale di Giustizia dell'Aja il Giappone deve revocare i permessi, le autorizzazioni o le licenze già rilasciate nell'ambito del piano sulla ricerca e non concedere eventuali nuove licenze nell' ambito dello stesso programma.
“Siamo soddisfatti di questo pronunciamento che ci dà ragione. Sosteniamo da sempre che la caccia alle balene nell’Oceano Antartico non è necessaria per la scienza e deve essere abbandonata. Chiediamo al Giappone di rispettare la sentenza e mandare in pensione la baleniera Nisshin Maru” afferma Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia. “Invece di cercare di proseguire la caccia modificando l’attuale “ricerca” il Giappone deve unirsi ai programmi di ricerca scientifica internazionali in Antartide per studiare le balene e l’ambiente e sostenere la creazione di una rete di aree protette nell’Oceano Antartico per proteggere l’intero ecosistema”.
Greenpeace da parte sua continuerà a monitorare la cosiddetta caccia scientifica del Giappone per assicurarsi che non trovi altre scappatoie per aggirare il divieto di caccia alle balene in vigore dal 1986.