Il deposito unico dei rifiuti radioattivi in un convegno a Ecomondo
Effetti ambientali, economici e sociali. Uno studio del Politecnico di Milano. Le analisi della Sogin
La chiusura del ciclo nucleare e la gestione dei rifiuti radioattivi rientra nella green economy. L'Osservatorio per la chiusura del ciclo nucleare ha organizzato un convegno, nella fiera di Ecomondo a Rimini, per valutarne gli impatti ambientali, sanitari ed economici.
"L'Italia da quasi 30 anni attende lo smantellamento delle ex centrali nucleari e degli impianti connessi. Anche questa è green economy", è quanto ha dichiarato Stefano Leoni, presidente dell'Osservatorio per la chiusura del ciclo nucleare. "Tuttavia, non basta rientrare nella nomenclatura dell'Eurostat, occorre che questa attività generi miglioramenti sociali, ambientali e sanitari".
Dal 2009 l'Eurostat ha inserito il decommissioning delle centrali nucleari, la bonifica dei siti e la gestione dei rifiuti radioattivi tra settori economici della fornitura dei beni e dei servizi ambientali. Questa attività è stata poi classificata nell’Yearbook del 2012 dell'Unep, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite, un lavoro finalizzato a risolvere uno dei problemi ambientali più rilevanti.
Ma non basta per far rientrare questa attività nella green economy. Infatti, tenendo conto della definizione dell'Unep, occorre anche valutare se essa "produce miglioramenti del benessere umano e dell'equità sociale, riducendo nel contempo i rischi ambientali ed ecologici".
Oggi sappiamo che la realizzazione del decommissioning delle centrali, della bonifica dei siti, la realizzazione del deposito nucleare e la gestione dei rifiuti radioattivi - secondo la relazione, presentata nel 2012, della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti - rappresenta per l'Italia un investimento complessivo di circa 6,5 miliardi di euro da impiegare fino al 2035.
È un investimento di tutto rilievo e richiede alta professionalità. Nel corso del convegno la dottoressa Sara Boarin del Politecnico di Milano ha presentato un’elaborazione che stima l'impiego generato dal decommissioninge e dal deposito nazionale.
Costituisce anche una grande opportunità per l'Italia, tenendo conto che il mercato nel decommissioning e bonifica da svolgere in Europa entro il 2050 è stimata in circa 67 miliardi di euro, la formazione di personale specializzato permetterà ad imprese italiane di competere sui mercati internazionali.
Non sono, invece, ancora stati studiati gli effetti ambientali e sanitari del programma di chiusura del nucleare in Italia. Infatti, fino ad oggi non è stata condotta una Valutazione Ambientale Strategica sul piano di dismissione e di bonifica, in quanto presentato prima dell'entrata in vigore della direttiva comunitaria. Si potrà riempire questa lacuna con l'attesa presentazione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi. In quella sede potranno essere contabilizzati gli impatti positivi e negativi sull'ambiente e sulla salute.
Nel corso del convegno sono stati presentati gli studi del Politecnico di Milano, i modelli di valutazione degli impatti tenendo conto anche delle esperienze maturate all'estero in questo settore. L'Amministratore Delegato di Sogin, Riccardo Casale, ha presentato un programma di attività della Sogin e descritto lo stato di avanzamento dei lavori che potranno però concludersi solo realizzando il deposito nazionale.
L'Italia procederà allo smantellamento delle centrali nucleari, degli impianti di produzione del combustibile nucleare e degli impianti di ricerca del ciclo del combustibile nucleare di Trino (VC), Caorso (PC), Latina (LT), Garigliano (CE), Bosco Marengo (AL), Saluggia (VC), Casaccia (RM) e Rotondella (MT).
Queste attività generano circa 55.000 metri cubi di rifiuti radioattivi di cui circa 10.500 ad alta attività e altri 44.500 a media e bassa attività.
A questi si aggiungono i rifiuti radioattivi generati da attività diagnostiche e terapeutiche di medicina nucleare (provette, flaconi, siringa, guanti, indumenti contaminati, sorgenti per teleterapia), ma anche di macchinari contaminati e dispositivi utilizzati per la ricerca in campo medico e farmacologico, oltre che in specifici settori industriali. Questi in Italia oggi ammontano a circa 15.000 metri cubi, di cui più di 3.000 ad alta attività, a cui se ne aggiungeranno nei prossimi anni circa altri 20.500, di cui oltre 1.500 ad alta attività, con un trend di crescita di 500 metri cubi l'anno.
La quantità complessiva di rifiuti a bassa, media e alta attività da smaltire è dunque di oltre 90.000 metri cubi.