Ilva. La Corte di Strasburgo respinge il ricorso di una malata di leucemia
Una donna di Taranto (poi morta) chiedeva un risarcimento, ma non ha potuto dimostrare che la leucemia fosse provocata dalle emissioni
La Corte europea dei diritti umani ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’Ilva presentato da una donna malata (e poi morta) di leucemia. Secondo i giudici la ricorrente non ha potuto dimostrare che sono state le emissioni dell’Ilva a causare la sua leucemia, al contrario vi sono probabilità che la malattia fosse d’origine famigliare. La Corte ha stabilito che i tribunali italiani hanno agito correttamente non dando seguito alla sua denuncia, presentata nel 2006.
La donna è morta nel 2012 a causa di una meningite incurabile a causa dell'immunodeficienza causata dalla leucemia.
La tarantina si era ammalata nel 2006, all'età di 52 anni, e aveva denunciato un dirigente dell'acciaieria sostenendo l'esistenza di un nesso fra la sua malattia e le emissioni inquinanti dell'Ilva. Una perizia aveva però escluso l'esistenza di legami causali fra le emissioni e la malattia e il caso era stato archiviato. La donna aveva presentato ricorso contro l'archiviazione, che però è stato respinto all'unanimità dai giudici della Corte di Strasburgo.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha concluso che la ricorrente non ha dimostrato che, alla luce delle conoscenze scientifiche disponibili al momento dei fatti, la magistratura italiana abbia ignorato l'obbligo di proteggere il suo diritto alla vita. La richiesta è stata quindi respinta in quanto “manifestamente infondata”.