Incredibile a Bagnoli: la bonifica si trasforma in disastro ambientale
L’indagine della procura di Napoli partita dalla denuncia di una donna malata di cancro. Ventuno indagati, i carabinieri mettono i sigilli alla ex Italsider e alla ex Eternit. Centosette milioni spesi per un’area turistica che non esiste: l’ipotesi è di truffa ai danni dello Stato
"Gli interventi di bonifica non hanno fatto altro che aggravare la contaminazione dei terreni. Tanto che sussiste un pericolo ambientale con un’immensa capacità diffusiva che coinvolge l’ambiente e l’integrità della salute di un numero non individuabile di persone”. È quanto scrivono i magistrati della procura di Napoli – il pm Stefania Buda e i procuratori aggiunti Francesco Greco e Nunzio Fragliasso – nel capo di imputazione, relativo all’ipotesi di disastro ambientale, nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento a Bagnoli (Napoli).
L’indagine certifica di fatto il fallimento del tentativo, progettato dalla metà degli anni Ottanta e messo in atto negli ultimi due decenni, di trasformare un desolato scenario postindustriale (ex Italsider ed ex Eternit) in una moderna e attrezzata area turistica. Il paradosso, secondo quanto emerso dalla procura, è rappresentato dalla circostanza che gli interventi per il disinquinamento del territorio non hanno fatto altro che aggravare la situazione ambientale. Insomma, per adoperare un’espressione dei magistrati, si è trattato di una bonifica soltanto “virtuale”, mentre reali sono i 107 milioni di euro spesi finora per l’opera, incompiuta, che inducono gli inquirenti a contestare una truffa ai danni dello Stato.
Il gip del capoluogo campano ha ora disposto “un dettagliato piano di interventi finalizzato a un’adeguata bonifica e messa in sicurezza delle aree”.
Sequestrata l’ex Italsider – Il disastro sarebbe avvenuto “in conseguenza dell’accertato miscelamento col terreno e le acque e della gestione illecita dei rifiuti pericolosi in corso di bonifica”, scrivono i pm. Le aree dell’ex Italsider e dell’ex Eternit di Bagnoli, alla periferia del capoluogo campano, sono state sequestrate dai carabinieri. Indagati 21 ex dirigenti della società Bagnoli Futura e di vari enti locali, compreso un ex direttore generale del ministero dell’Ambiente.
Tra le accuse mosse nell’inchiesta c’è anche lo sversamento in mare di sostanze inquinanti, in particolare idrocarburi cancerogeni, “nel corso di diversi anni”.
Non solo. Un ingente quantitativo di morchie (i residui della lavorazione dei metalli, pesantemente inquinate) sono stati mescolati al terreno e sotterrati di nascosto nel Parco dello sport, una delle struttura dell’ex area industriale: un’attività portata avanti grazie a false certificazioni.
La denuncia della donna malata di cancro – L’inchiesta, riferisce l’Ansa, è scaturita dalla denuncia da una donna che riteneva di essersi ammalata di tumore per aver vissuto fin dalla nascita nella zona di via Cavalleggeri d’Aosta, alla periferia ovest della città, vicino proprio all’area dell’ex Italsider. La vicenda è accennata nel decreto di sequestro dell’area.
La donna morì per un cancro ai polmoni nel 2011 pur non essendo – come evidenziano gli inquirenti – un soggetto a rischio, dal momento che non era fumatrice e non aveva familiari affetti da analoghe patologie.
Legambiente: “Per risanare serve il modello Usa” – “La vicenda, purtroppo, non ci stupisce ed è esemplificativa di come è stata praticata una parte del risanamento dei siti inquinati in Italia”. Così il vice presidente di Legambiente, Stefano Ciafani.
Secondo l’ambientalista, “alla chiusura degli impianti industriali sono seguiti troppo spesso enormi ritardi nelle operazioni di bonifica e interventi poco trasparenti. L’Italia deve voltare pagina: da anni chiediamo di replicare il modello Usa attivato con la legge del Superfund del 1980. Solo così riusciremo a rendere concreto il risanamento ambientale, che fino a oggi è stato una chimera”.