Tuttocop. Ecco tutto quello che è successo alla Cop29 di Baku sul clima
Intesa fra Italia e Uganda nel settore dei rifiuti. La dichiarazione del G20 di Rio de Janeiro sulla Cop29 e il commento di Ecco. Uno studio di Italian Climate Network cerca di individuare l’entità dei contributi finanziari attesi da Italia, Stati Uniti e Cina verso il nuovo obiettivo finanziario globale negoziato a Baku. L’impegno delle imprese italiane per la decarbonizzazione del trasporto pesante. L’allarme del Wwf
Per i Paesi poveri è tradimento
Dopo due settimane di trattative a Baku, nel cuore della notte, quasi 200 Paesi hanno trovato l’accordo sul nuovo obiettivo di finanza climatica. Un accordo al ribasso che scontenta molti. Alle 2,30 della notte tra sabato e domenica il presidente della Cop29, Mukthar Babayev, ha dichiarato la fine della conferenza Onu sul clima. Il prossimo appuntamento per la Cop30 sarà a Belem in Brasile fra un anno. Duecento Paesi hanno trovato l’accordo sul nuovo obiettivo da 300 miliardi l’anno per la finanza climatica. Arrivano gli applausi ma c’è amarezza tra i Paesi del sud del mondo e non solo. Il nuovo obiettivo sostituisce il vecchio da 100 miliardi l’anno che scade nel 2025. Il nuovo obiettivo di 300 miliardi l’anno dovrà essere raggiunto entro il 2035, cui si aggiunge un invito ad arrivare a 1300 miliardi l’anno includendo finanziamenti da tutte le fonti, pubbliche e private. Il testo approvato include lo sviluppo di una Roadmap di attività “da Baku a Belem” su come raggiungere 1,3 mila miliardi (paragrafo 27) e la presentazione di una valutazione dei progressi fatti verso questi obiettivi nel 2030 (paragrafo 36).
“Speravo in un risultato più ambizioso”, commenta il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. “L’accordo fornisce una base su cui costruire”. Per il numero uno della Convenzione sul Clima Simon Stiell si tratta di “una polizza di assicurazione per l’umanità”.
Oltre al nuovo obiettivo di finanza, questa conferenza riesce ad approvare dopo nove anni di trattative le regole del mercato dei crediti di carbonio.
Il commento di Ecco
Luca Bergamaschi, direttore e cofondatore di Ecco, il think tank italiano per il clima, ha detto: “La Cop rimane il luogo principe per trovare soluzioni comuni per il clima. Questa è una buona notizia. Nonostante che sia stato raggiunto il massimo compromesso sulla finanza, registriamo che i ministri dell’Ambiente stanno esaurendo il loro raggio d’azione. Senza il coinvolgimento dei ministri delle finanze, dell’industria e dei capi di stato e di governo, l’azione per il clima rimarrà inadeguata. Serve una trasformazione profonda della finanza, di come produciamo e consumiamo e di come garantire che le categorie sociali più deboli non restino escluse dalla transizione e siano aiutate a difendersi dagli impatti devastanti del cambiamento climatico.”
Eleonora Cogo, esperta senior, riforme della finanza internazionale di Ecco: “L'accordo raggiunto è solo il punto di partenza, da qui a Belem si avvia un percorso per garantire che si trovino le risorse necessarie per finanziare la transizione in tutti i Paesi, soprattutto quelli più vulnerabili. L'ingresso della Cina come nuovo contributore ai finanziamenti per il clima è un segnale importante che dimostra anche che è meglio scommettere sulla decarbonizzazione. Sfruttando a pieno il potenziale delle istituzioni finanziarie internazionali possiamo, non solo raggiungere, ma anche superare questo obiettivo. Le regole del gioco oggi scoraggiano gli investimenti verso i Paesi in via di sviluppo, è necessario cambiarle per garantire le risorse necessarie per un'azione climatica equa e incisiva, uno sforzo per il quale il Brasile ha già aperto la strada durante la sua Presidenza del G20 e in cui continuerà ad avere un ruolo chiave nella Roadmap da Baku a Belem che sarà critica per identificare le azioni da adottare”.
Il commento di Italian climate network
Osserva Jacopo Bencini, presidente di Italian Climate Network: “In uno scenario internazionale dominato da divisioni e violenza, nel contesto della Cop si riesce ancora a dialogare, pur faticosamente. Il lungo e pesante negoziato che ha portato alla doppia adozione del nuovo obiettivo sulla finanza e delle regole sui mercati del carbonio segna un risultato negoziale ritenuto quasi impossibile alla vigilia della conferenza, visto il contesto internazionale, la debolezza europea e statunitense e le oggettive condizioni di partenza della Presidenza ospitante. Quanto deciso a Baku sulla finanza per il clima lascia l’amaro in bocca, ma deriva dal non aver fatto i compiti a casa per tempo: mobilitare migliaia di miliardi all’anno verso i Paesi in via di sviluppo è necessario, giusto e dovuto, ma ai limiti dell’impossibile senza un cambiamento radicale di paradigma in come funziona la finanza multilaterale. L’adozione di un obiettivo inaccettabile per i più fragili o irrealistico per i Paesi industrializzati avrebbe oltretutto rischiato di minare la credibilità del processo nel medio periodo - che senso avrebbe un’ONU dove si approvano decisioni in cui non crede nessuno? Si abbia il coraggio, ora, di tenere fede ai pur limitati obiettivi, lavorando da subito e davvero alla trasformazione delle banche multilaterali di sviluppo in banche di investimenti per il clima”.
Serena Giacomin, direttrice scientifica di Italian Climate Network: “In un negoziato che dovrebbe affrontare la crisi climatica e costruire strumenti di contrasto indispensabili, come quelli legati alla finanza climatica, i programmi di mitigazione e le azioni di adattamento, è un non senso limitare o addirittura eliminare i riferimenti agli obiettivi di mantenimento del riscaldamento globale al di sotto della soglia di 1.5°C, così come ai report scientifici dell’IPCC nei testi sul Global Stocktake. È come costruire una casa senza fondamenta o cercare di orientarsi in una foresta senza una mappa. La scienza non solo attesta l’esistenza della crisi climatica, ma ci fornisce gli strumenti per comprenderla, valutarla e affrontarla. Ignorare questi riferimenti significa perdere l’unico punto fermo che abbiamo per definire obiettivi chiari, riconoscere i responsabili - le emissioni di gas serra e l’uso di combustibili fossili - e costruire strategie efficaci”.
Intesa fra Italia e Uganda
Si è riunito a Baku, nel corso della Cop 29, il secondo comitato congiunto tra il ministero dell’Ambiente italiano e il ministero dell'Acqua e dell'Ambiente dell'Uganda. Il comitato ha approvato il piano programmatico per l’implementazione del memorandum d’intesa sottoscritto lo scorso anno a Dubai, nel quale viene messo in evidenza come l’intesa contribuirà, direttamente e indirettamente, al raggiungimento degli obiettivi del national development plan iii e degli ndcs aggiornati dell’uganda, nonché degli obiettivi di sviluppo sostenibile contemplati nel protocollo d’intesa. Particolare attenzione è rivolta all’azione mirata a sensibilizzare e rinforzare le capacità umana e istituzionale in materia di mitigazione, adattamento e riduzione della vulnerabilità al riscaldamento climatico, con focus sui livelli di governo locale, sulle comunità e sulle scuole. Il ministero dell’Ambiente ha inoltre confermato l’impegno a dare seguito, nel quadro del memorandum, alla richiesta della prima ministra ugandese di un contributo italiano a sostegno della ricerca di soluzioni efficaci al problema della gestione sostenibile dei rifiuti nel Paese. La stessa era stata condivisa con il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, e con il ministro degli Esteri Tajani durante gli incontri svoltisi ai margini del Meeting per l’Amicizia fra i Popoli di Rimini dello scorso agosto. L’azione del ministero dell’Ambiente, in linea con gli indirizzi strategici di politica estera nazionale, include l’Uganda nel novero dei Paesi prioritari per la cooperazione.
Decarbonizzare i camion
Il side event “Scenari di decarbonizzazione per un trasporto stradale pesante sostenibile e competitivo” organizzato a Baku, all’interno del Padiglione Italia, da Anfia, Anita, Assogasliquidi-Federchimica e Unem, è stato l’occasione per approfondire e delineare percorsi realistici e pragmatici. L’importanza di ridurre le emissioni derivanti dai trasporti è tema ricorrente tra i padiglioni della Cop29. Un settore che, nel breve, medio e lungo periodo, sarà chiamato a soddisfare l’evoluzione di una crescente domanda di merci e mobilità delle persone e al contempo a ridurre la propria impronta carbonica, continuando a svolgere efficientemente il suo ruolo sociale a servizio delle collettività. Nel corso dell’evento è stata ribadita dalle associazioni e dalle imprese l’importanza di intervenire a livello europeo per modificare la regolamentazione sui target di riduzione delle emissioni dei veicoli, introducendo un “carbon correction factor”, così da affiancare alle tecnologie elettriche e ad idrogeno, anche quelle alimentabili con carbon neutral fuels (biocarburanti avanzati, biometano, biognl e biogpl, recycled carbon fuels, e-fuels o carburanti sintetici). La modifica proposta, infatti, permetterebbe di raggiungere realmente gli ambiziosi e condivisi obiettivi di decarbonizzazione, valorizzando tutte le tecnologie effettivamente in grado di abbattere le emissioni di CO2. Anfia, Anita, Assogasliquidi-Federchimica e Unem ribadiscono il loro impegno al sostegno di una mobilità che coniughi sostenibilità ambientale, economica e sociale e consenta di mantenere alta la competitività europea.
L’allarme del Wwf
La transizione energetica e la difesa della biodiversità possono e devono camminare insieme. Oggi infatti il cambiamento climatico, combattuto dalla transizione energetica, influenza ed è influenzato a sua volta dalla perdita di biodiversità. L’anno scorso la Cop di Dubai ha stabilito l’obiettivo di triplicare la capacità delle energie rinnovabili entro il 2030. Questa è una buona notizia per la natura che ha subito impatti devastanti dai combustibili fossili. Al tempo stesso occorre non sottovalutare l’impatto che fonti di energia rinnovabili, come l’eolico e il fotovoltaico, hanno sulla biodiversità, come qualsiasi altro evento umano, anche se i due impatti sono incomparabili, rispetto ai combustibili fossili l’impatto delle rinnovabili è trascurabile. Per questo bisogna riflettere sul modo migliore per far sì che le rinnovabili siano le migliori alleate per la natura. A questo scopo si è svolto oggi il side event del Wwf Italia al padiglione italiano alla Cop29 “Triplicare le energie rinnovabili: attuare l’obiettivo di Dubai, coniugando azione climatica e natura”. L’evento ha voluto intrecciare il dibattito internazionale, europeo e italiano sul modo migliore per coniugare rinnovabili e natura e gli strumenti per farlo. Durante l’iniziativa sono intervenuti: Gilberto Pichetto, il ministro dell’Ambiente, Francesco La Camera, direttore generale dell'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena); Dean Cooper, responsabile energia Wwf Internazionale e Clean Action; Daniele Agostini, responsabile politiche energetiche e climatiche Enel; Paola Brambilla, coordinatrice della sottocommissione Via; Alessandro Marangoni, ceo di Althesys; Matteo Leonardi, direttore esecutivo Ecco Climate think tank; Viviane Raddatz, responsabile clima ed energia, Wwf Germania. I lavori sono stati introdotti e coordinati da Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia. Nel suo saluto il ministro Pichetto ha dichiarato: “In Italia due terzi della nostra energia elettrica provengono ancora da combustibili fossili mentre un terzo proviene dalle rinnovabili. Siamo però determinati ad abbandonare il carbone entro il 2025. Sulla data precisa stiamo decidendo, tenendo conto di fattori come l’occupazione. Purtroppo, in Sardegna l’abbandono del carbone non potrà avvenire nella stessa data, ma puntiamo a farlo entro il 2028”. Il ministro ha inoltre detto che “eventi estremi come quelli di Valencia ed Emilia Romagna devono essere un incentivo a fare di più”. “L’Italia oggi rappresenta lo 0,7% delle emissioni a livello mondiale, ma questo per il nostro Paese deve essere uno stimolo a fare meglio. Siamo tra i Paesi più ricchi e siamo capaci di innovare e di essere da esempio per il mondo”. Sul tema dell’accelerazione sulle rinnovabili è intervenuto anche Francesco La Camera: “Sulle rinnovabili stiamo andando veloce, ma servono ancora tre fattori fondamentali. Il primo riguarda le infrastrutture. Sono stato in Cina e diverse province utilizzano le infrastrutture giuste, riuscendo così a soddisfare il 100% del fabbisogno energetico della popolazione con rinnovabili. Servono poi le giuste policy. Bisogna bloccare i combustibili fossili, ma allo stesso tempo servono policy che incentivino realmente le rinnovabili. Per esempio sull’idrogeno mancano politiche concrete. Abbiamo infine bisogno di lavoratori con la formazione e le competenze giuste per questo settore”. Mariagrazia Midulla ha dichiarato: “Secondo il Wwf Italia, transizione energetica e biodiversità possono influenzarsi in maniera positiva. Le fonti rinnovabili hanno un impatto minimo sulla natura. Chiaramente però allo stesso tempo devono essere fatte per bene. Biodiversità e rinnovabili devono andare insieme. E tutto questo è possibile, ma non facile. Come ci dimostra il caso della Sardegna dove una nuova legge regionale ha di base reso impossibile proseguire con lo sviluppo delle energie rinnovabili. In realtà la Sardegna è la regione con il più alto tasso di anidride carbonica. E fare le rinnovabili sarebbe un vantaggio prima di tutto per l’ambiente devastato dall’impatto dei combustibili fossili”.
La dichiarazione di Rio
I capi di stato e di governo del G20, riuniti giorni fa a Rio De Janeiro, in Brasile, nel loro comunicato finale hanno espresso il loro sostegno a un accordo finanziario forte alla Cop29, compresa la necessità di “accelerare la riforma dell'architettura finanziaria internazionale in modo che possa rispondere alla sfida urgente dello sviluppo sostenibile, del riscaldamento climatico e degli sforzi per eliminare la povertà”.
Lo studio di Italia Climate Network
Sono stati pubblicati, i risultati di uno studio condotto da Italian Climate Network sui contributi finanziari attesi da Italia, Stati Uniti e Cina verso il nuovo obiettivo finanziario globale negoziato a Baku nell’ipotesi che lo stesso obiettivo si attesti tra i 1.000 e i 1.300 miliardi di dollari l’anno come proposto nei giorni scorsi. Lo studio, condotto da Claudia Concaro e Anna Pelicci di Italian Climate Network e di prossima uscita, prende in considerazione non solo le emissioni storiche dei tre Paesi, ma anche la loro capacità contributiva stimata secondo un aggiustamento per il reddito nazionale lordo pro capite. Nell’analisi sono inoltre illustrate due opzioni rispetto al calcolo generale: la prima, per la quale tutti i Paesi contribuiscono secondo lo “spirito di Parigi” e quindi in allargamento dell’attuale platea dei donatori; la seconda, per la quale solo i Paesi Annex II identificati ai tempi della Convenzione di Rio del 1992 continuano a contribuire secondo obbligatorietà.
Secondo i dati dello studio l’Italia dovrebbe passare dagli attuali contributi sotto il Fondo Italiano per il Clima, sommati a quanto promesso una tantum per il nuovo Fondo per Perdite e Danni e altre misure minori annunciate negli ultimi anni, a mobilitare in finanza climatica tra i 14,5 e i 22,6 miliardi di dollari trasversalmente ai vari scenari analizzati. In ogni caso, oltre 20 volte gli attuali contributi.
Gli Stati Uniti, complici le loro emissioni storiche, dovrebbero invece porsi come primo donatore globale, investendo in finanza internazionale per il clima oltre 500 miliardi di dollari all’anno. In pratica, una somma pari a quella dell’intero Inflaction Reduction Act da investire ogni anno in cooperazione climatica internazionale. Cifre oggettivamente lontane da quanto ascoltato e visto negli ultimi tre decenni di negoziati.
E infine la Cina, oggi primo Paese per emissioni climalteranti al mondo, secondo il criterio oggettivo della contribuzione storica si troverebbe a dover contribuire in maniera molto minore, tra i 54 e i 70 miliardi di dollari all’anno.
I dati dimostrano in ogni caso che una nuova uscita degli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi potrebbe compromettere in partenza qualsiasi nuovo obiettivo. Nessuno sforzo concertato tra gli altri Paesi del mondo, neanche integrando la Cina tra i contributori obbligati, potrebbe infatti riempire il gap lasciato da Washington.
Lo studio di Italia Climate Network https://www.italiaclima.org/cop29-fi...
Il comunicato finale del G20 di Rio de Janeiro
https://www.gov.br/planalto/pt-br/me...