Corte dei Conti: modesto il contributo dell’UE all’efficienza energetica nelle imprese
La Corte ha reperito elementi probatori secondo i quali alcuni progetti avrebbero potuto avere successo anche senza sostegno pubblico
I finanziamenti UE europei non sono ancora sufficientemente collegati ai bisogni delle imprese e i risultati attesi offriranno un modesto contributo agli obiettivi dell’UE in materia di efficienza energetica. Lo rileva la relazione speciale della Corte dei conti europea nella quale l’organismo chiede chiarimenti sui contributi apportati dai fondi UE all’efficientamento energetico nelle imprese. Non solo: la Corte ha reperito elementi probatori secondo i quali alcuni progetti avrebbero potuto avere successo anche senza sostegno pubblico.
Calano le risorse
Nel suo documento, la Corte osserva che il livello programmato di sostegno nel quadro della politica di coesione dell’UE è diminuito negli ultimi anni: da una dotazione complessiva fissata in 3,2 miliardi di euro nel 2016 è sceso a 2,4 miliardi di euro nel 2020. In aggiunta, la maggior parte della spesa è stata concentrata solo in alcuni Stati membri. Due terzi della spesa destinata all’efficientamento energetico nelle imprese riguardano solo cinque Stati membri (Repubblica ceca, Polonia, Germania, Italia e Bulgaria). “Migliorare le prestazioni energetiche delle imprese, qualunque sia il settore in cui esse operano, è cruciale se l’UE vuole conseguire il proprio obiettivo di ridurre le emissioni di almeno il 55 % entro il 2030”, ha dichiarato Samo Jereb, il Membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione. “Finora, però, il vero effetto dei finanziamenti dell’UE sull’efficienza energetica delle imprese rimane non chiaro”.
Dubbi sul valore aggiunto
La relazione solleva dubbi anche sull’effettivo valore aggiunto dei finanziamenti dell’UE. È chiaro che le sovvenzioni UE sono prese in considerazione quando le imprese adottano decisioni d’investimento. Ma, nella maggior parte dei casi, gli investimenti che hanno ricevuto finanziamenti erano stati già pianificati. In altre parole, molti progetti sarebbero andati avanti senza il sostegno dell’UE. La Corte osserva che, anche senza sostegno pubblico, investire nell’efficientamento energetico è in genere efficiente. Secondo le stime, risulta più conveniente risparmiare un’unità di energia che pagare per la stessa quantità di elettricità, la fonte energetica prevalentemente utilizzata. Ciò è ancor più vero dopo i recenti aumenti dei prezzi dell’energia. È difficoltoso stabilire il contributo complessivo dei finanziamenti dell’UE. La Corte constata che a livello dell’UE non è possibile alcuna valutazione della performance: le autorità nazionali dispongono sì di indicatori, ma questi ultimi differiscono da uno Stato membro all’altro, e talvolta anche tra programmi di un medesimo Stato membro. In assenza di informazioni consolidate a livello UE, gli auditor della Corte hanno effettuato propri calcoli, stimando che i potenziali risparmi generati dai progetti cofinanziati nelle imprese ammontano approssimativamente allo 0,3 % dello sforzo necessario per conseguire i valori-obiettivo di efficienza energetica dell’UE per il 2030. In altre parole, i progetti di efficientamento energetico finanziati dall’UE apporteranno soltanto un modesto contributo agli obiettivi dell’UE.