FIRE: cresce il ruolo degli energy manager, ma la P.A. è indietro
Lo evidenzia il Rapporto 2016 sugli Energy manager, presentato al Ministero dello Sviluppo Economico. Nel 2015 i soggetti obbligati che hanno nominato sono stati 1.507
Cresce l’attenzione delle imprese e degli enti verso l’efficienza energetica, si rafforza il ruolo degli energy manager soprattutto nell’industria, ma la P.A. è ancora in coda. È quanto emerso dal Rapporto 2015 sugli Energy manager presentato nella sala del Parlamentino, presso il Ministero dello Sviluppo Economico.
Dal documento emerge come cresca, finalmente, il ruolo degli Energy manager sui temi relativi all’efficienza energetica. Nel 2015 i soggetti obbligati che hanno nominato sono stati 1.507, mentre sono 725 le nomine volontarie. Rispetto all’anno precedente, le nomine sono aumentate del 2,2%. Ci sono però ancora molte inadempienze e la P.A. presenta tassi di inosservanza nell’ordine del 70-90%, e in peggioramento. Al contrario nel settore industriale, in particolare nei settori energivori, la copertura dei consumi energetici coperti da energy manager risulta molto elevata.
Su circa 330 aziende certificate ISO 50001, 115 hanno un energy manager nominato; tale percentuale è in crescita ed è un ottimo segnale, in quanto il sistema di gestione garantisce un coinvolgimento di tutti i livelli aziendali, e dunque un’azione più efficace. Per ciò che riguarda il rapporto tra EM e certificati bianchi, la percentuale dei soggetti attivi direttamente è cresciuta nel tempo, pur rimanendo inferiore al 10% per i soggetti obbligati e al 20% per quelli volontari. I certificati bianchi sono risultati lo schema di supporto più usato dalle imprese, anche se in genere non è il fattore fondamentale nella scelta di investimento. Il direttore di FIRE Dario Di Santo ha detto che la federazione si muoverà in futuro “per supportare la P.A. sulla nomina dell’energy manager e sulla facilitazione degli interventi di efficientamento energetico”. “Efficienza energetica e core business devono essere meglio collegate, coniugando l’Accordo di Parigi con la competitività, come già fatto da alcuni business leader”.