Energy Storage Report 2016: il futuro è nei sistemi di accumulo per rete e dispacciamento
Presentata la ricerca dall’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano che parla di un potenziale fino a 420 milioni per i servizi di rete
Restare una nicchia per il settore residenziale privo di spinta economica, oppure divenire un mercato organico al sistema di generazione dell’energia (come in altri Paesi europei), aprendosi al mondo delle imprese e permettendo la nascita di operatori specializzati. è questo il bivio che si pone di fronte il mercato dei sistemi di accumulo, secondo lo Storage Energy Report 2016, redatto dall’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano.
La situazione - L’Europa conta 45 GW di installazioni su 170 globali (60 sono in Asia e 21 negli Usa) e anche l’Italia, tra i primi 10 Paesi al mondo con 7 GW, non è certo nuova a questo tipo di sistemi, ma si tratta per il 95% di tecnologie di tipo meccanico, in particolare impianti di pompaggio idroelettrici. Al “nuovo” storage, quello elettrochimico, assai meno diffuso eppure più scalabile e distribuito, è invece dovuto il dibattito che si è finalmente avviato sulla possibilità stoccare l’energia elettrica.
“Non è però al mercato residenziale che si deve guardare per trovare le applicazioni più redditizie, perché i costi della tecnologia non sono in linea con i risparmi sui consumi - spiega il professor Vittorio Chiesa, Direttore dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano - ma a quello dei servizi di rete e al dispacciamento, molto meno noti, che hanno però cubato nel 2016 oltre 2 miliardi di euro di costi a carico di Terna, cui spetta il compito di ‘stabilizzare’ la rete nazionale. Un mercato che oggi in Italia, a differenza di quanto accade in altri Paesi, è precluso ai sistemi di storage per ragioni normative, ma che potrebbe diventare la chiave di volta per renderli una componente importante del nostro ecosistema energetico”.
Il potenziale di mercato in Italia per i sistemi di accumulo - Tenendo in considerazione le nuove realizzazioni residenziali sviluppate secondo il paradigma full electric, il mercato potenziale dei sistemi di accumulo come “riserva di energia” da qui al 2025 può essere stimato in 150 milioni di euro, di cui il 50% relativo ai sistemi ex novo (oltre 25.000 realizzazioni) e il restante 50% al retrofit (circa 21.000 realizzazioni). Il valore è dunque interessante, anche se complessivamente si raggiunge solo il 15-20% del totale della base installata al 2025 di impianti residenziali di produzione di energia localizzati (fotovoltaici).Non pare invece esserci un mercato significativo nel caso delle utenze non residenziali. Il mercato potenziale dei sistemi di accumulo nei “servizi di rete”, invece, da qui al 2025 può essere stimato in circa 90 milioni di euro nello scenario conservativo e sino a 420 milioni di euro nello scenario espansivo, che ha peraltro maggiori possibilità di accadimento. Complessivamente, si tratta di un mercato potenziale grande sino a quasi 3 volte quello degli impieghi come “riserva di energia”. Se si considera che questo mercato di fatto oggi non esiste, e che la stima fatta è conservativa in quando considera solo un parte del mercato del dispacciamento (in particolare il MSD “a salire”), ci si rende conto della rilevanza delle decisioni da assumere. Se poi si ipotizza che i sistemi di accumulo entrati sul MSD permettano almeno di tagliare i picchi di prezzo dell’energia transata “a salire”, i benefici per il Sistema Paese ammonterebbero a 321 milioni di euro. Un valore che da solo sarebbe equivalso al 29% del MSD 2015 e che corrisponderebbe (essendo però un risparmio annuale) all’installazione di 230 MW di sistemi di accumulo.
I sistemi di accumulo come “riserva di energia” - E’ la forma di impiego più nota e dibattuta, perché interessa da vicino il cosiddetto prosumer, cioè colui che, da utente elettrico, è divenuto anche produttore di energia, sfruttando il paradigma della generazione distribuita. Nel Rapporto, in particolare, si è considerato il caso di un impianto fotovoltaico da 3 kW (ce ne sono circa 180.000 in Italia, oltre il 60% del mercato residenziale) a cui venga accoppiato un sistema di accumulo agli ioni di litio di 3 diverse capacità: 2, 4 e 6 kWh.
Due le opzioni considerate: che l’impianto fotovoltaico da 3 kW fosse già presente e quindi il sistema di accumulo sia stato aggiunto in logica di retrofit, oppure che l’impianto fotovoltaico e il sistema di accumulo siano installati ex novo e congiuntamente. Nel caso delle batterie più piccole (2 kWh), con l’attuale struttura di costi (5.000 - 5.500 euro per il retrofit e 3.500 - 4.000 per gli impianti ex novo) non è conveniente. Per raggiungere la soglia del 4% bisognerebbe non superare i 3.000 €/ kWh, ossia circa il 33% in meno nel caso di impianti ex novo e oltre il 40% nel caso di retrofit. La situazione per gli impianti da 4 kWh è decisamente migliore per quanto riguarda la redditività dell’investimento, che in quasi tutti i casi è almeno pari o superiore alla soglia del 4%. Considerando il vincolo del tempo di rientro, invece, il costo dovrebbe scendere sino a 3.000 €/kWh per rimanere almeno sotto la vita utile della batteria (10 anni). Su questa taglia, però, appare possibile costruire scenari di integrazione ancora più spinti ove sia massimizzato il consumo elettrico. Si dà infatti spazio nel Rapporto all’analisi di uno scenario denominato full electric in cui l’intero fabbisogno energetico dell’abitazione è soddisfatto da apparecchiature che utilizzano il vettore elettrico (come le cucine ad induzione e le pompe di calore). In questo caso i tempo di ritorno complessivi sono inferiori a 8 anni e con rendimenti “a due cifre” per quanto riguarda l’IRR, anche se ci si rivolge prettamente al mercato delle nuove abitazioni. E’ dunque evidente che le strade per lo sviluppo del mercato in ambito residenziale non possono che essere due e per certi versi quasi “antitetiche”: un’adozione che non si basi su criteri di economicità (peraltro cosa frequente quando il decisore è l’individuo o la famiglia) e privilegi invece gli aspetti di innovazione tecnologica o di sostenibilità ambientale dell’investimento; un’adozione che passi da un nuovo paradigma di consumo elettrico (estendendo addirittura la configurazione full electric con la ricarica di uno o più veicoli elettrici) che renda la produzione distribuita e l’utilizzo efficiente dell’energia elettrica la “chiave” attorno a cui progettare i nuovi sistemi residenziali. La seconda appare certamente quella più desiderabile, ma è anche la più “stretta”, perché è legata a una decisa ripresa degli investimenti nel settore residenziale e a una maggiore consapevolezza delle potenzialità e delle caratteristiche dei sistemi di accumulo elettrici. E’ la prima strada, tuttavia, quella che caratterizza il mercato odierno e rispetto alla quale una parte degli operatori sta costruendo la propria value proposition.
I sistemi di accumulo per i “servizi di rete” - L’impiego dei sistemi di accumulo per i “servizi di rete” offre invece un quadro decisamente differente. Nell’ambito del Rapporto, si è scelto di concentrarsi sul mercato del dispacciamento, con cui si intendono tutte quelle operazioni eseguite dall’ente regolatore per garantire la gestione in sicurezza del sistema elettrico. Tra queste, particolare rilevanza economica assume il mercato dei servizi di dispacciamento (MSD), dove viene acquistata e venduta l’energia necessaria a controbilanciare ogni sbilanciamento sulla rete.
Il costo dei servizi di rete sul MSD è stato pari, nel 2015, a oltre 1,15 miliardi di euro, in calo significativo rispetto al 2013 e 2014, grazie soprattutto agli investimenti fatti da Terna sulle infrastrutture di rete. Se si considera come termine di paragone il costo dell’energia (PUN medio del 2015 pari a 52,3 €/MWh), regolare il mercato è costato l’equivalente di 22 TWh di energia.
Al mercato del dispacciamento possono partecipare solamente gli impianti abilitati, ossia unità di produzione o consumo che rispondono a requisiti fissati. Le unità abilitate (UA) ad oggi sono esclusivamente impianti programmabili, escludendo dunque sia gli impianti alimentati a fonti rinnovabili non programmabili (eolico e fotovoltaico) sia i sistemi di accumulo. Ancora di là da venire, quindi, è l’accesso al MSD in Italia da parte dei sistemi di accumulo, in particolare di quegli operatori (batteristi “puri” o “storage farm”) che offrono attraverso sistemi di accumulo appositamente connessi alla rete quei servizi descritti in precedenza, nonostante gli accumuli elettrochimici risultino essere già oggi competitivi in questo tipo di mercati.
Le simulazioni economiche condotte per un operatore cosiddetto “batterista puro”, che si doti di batterie agli ioni di litio per operare sull’MSD, offrono risultati estremamente interessanti. L’IRR dell’investimento nella configurazione di riferimento risulta positivo a partire da valori di prezzo dell’energia transata “a salire” di 175 €/MWh. Questa soglia è la medesima che porta il PBT, di poco superiore ai 10 anni, ossia la vita utile della batteria. Per trovare condizioni di investimento con IRR maggiore del 10% bisogna salire sino a livelli di prezzo dell’energia di 275 €/MWh, la soglia di riferimento se si vuole mantenere il PBT entro 6 anni.