Nucleare, il reattore EPR di Hinkley Point spaventa il governo francese
Previsti investimenti per 24 miliardi di euro, di cui 16 in capo a Edf, in cambio di un prezzo predeterminato di ritiro dell’energia elettrica prodotta
A maggio si riunisce l’assemblea degli azionisti di Edf, il cui consiglio di amministrazione è chiamato a decidere l’entità e le modalità dell’enorme investimento necessario per la realizzazione di due nuovi reattori del tipo EPR a Hinkley Point, nel Regno Unito. Lo leggiamo sul blog di Assolettrica.
Il conto è salato: 24 miliardi di euro, di cui 16 in capo a Edf, in cambio di un prezzo di ritiro dell’energia elettrica prodotta predeterminato. E i dubbi crescono. Non tanto da parte dell’azienda, che segue le direttive del suo maggiore azionista, lo Stato francese, ma proprio tra alcuni membri del governo.
Il 6 aprile scorso, il ministro francese dell’Ambiente e dell’Energia Ségolène Royal, nel corso di una intervista, ha affermato che “il progetto richiede delle conferme supplementari sia sulla sua fondatezza sia sul fatto che gli investimenti necessari non portino detrimento a quelli necessari sul fronte delle fonti rinnovabili”.
Alla domanda se il progetto debba essere procrastinato, il ministro ha risposto che “esiste un accordo in questo senso tra Francia e Regno Unito e dunque quanto previsto dovrà essere fatto. Non si tratta di rimettere in discussione il progetto, ma i sindacati hanno ragione quando pretendono che si proceda ad un chiarimento e a una valutazione delle poste in gioco, considerando che la priorità assoluta è oggi costituita dagli investimenti nelle fonti rinnovabili”.
All’inizio di marzo, nel corso di un incontro bilaterale tra il governo francese e quello britannico, il progetto di Hinkley Point era stato confermato pienamente e il 5 aprile scorso il presidente di Edf Jean-Bernard Lévy ha a sua volta escluso, nel corso di un’audizione parlamentare, l’eventualità di un rinvio del progetto di tre o di cinque anni, come richiesto da più parti. Il presidente di Edf ha infatti riconosciuto che un simile sforzo presenta dei rischi, ma che questi sono stati dettagliatamente esaminati e che essi possono essere positivamente affrontati, “perché è un progetto maturo, redditizio e pronto per essere avviato”.
Da parte loro i sindacati insistono per un rinvio e i loro rappresentanti che siedono nel consiglio di amministrazione della società - e che pesano per un terzo - con tutta probabilità non daranno il loro assenso affinché venga definitivamente stipulato il contratto di collaborazione con la compagnia elettrica cinese Cgn, associata all’impresa per un terzo dell’investimento.