Brexit affossa i mercati finanziari, ma l’Irex contiene le perdite
L’approvazione del Decreto sulle FER non fotovoltaiche, atteso da oltre un anno, ha in parte bilanciato il crollo post referendum nel Regno Unito
di Alessandro Marangoni*
I mercati finanziari europei hanno vissuto a giugno un mese nero. Il rischio Brexit, infatti, ha condizionato per diverse settimane l’andamento dei principali listini del vecchio continente, caratterizzati da una elevata volatilità. L’incertezza si è poi tradotta in panico con la vittoria del “Leave” al referendum, che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Le ripercussioni sulle Borse sono state notevoli: Dax e Cac hanno perso nel mese il 6%, mentre l’IBEX spagnolo è crollato del 10%. I listini hanno sofferto anche per le notizie provenienti da oltreoceano sull’economia USA. Il dato sui nuovi occupati a maggio, il peggiore negli ultimi cinque anni, ha spinto la FED a rimandare l'atteso aumento dei tassi di interesse, deludendo le aspettative di molti investitori.
L’Italia è stato tra i Paesi europei che più hanno scontato “l’effetto Brexit” sui mercati: l’indice FTSE All Share, infatti, a giugno ha perso il 9%. Il listino paga soprattutto le difficoltà del comparto bancario, a rischio speculazioni nel caso in cui non venga trovata una soluzione stabile e condivisa con l’Unione Europea per la questione dei crediti in sofferenza. Un’altra nota negativa è arrivata dalla Banca d’Italia, che ha abbassato le stime di crescita del PIL per il 2016 (+1,1%), complice il rallentamento delle economie emergenti e l’incertezza che domina il contesto globale.
In controtendenza l’indice FTSE Oil & Gas, che a giugno segna un’impennata del 6%. Il listino energetico italiano ha beneficiato del recupero del prezzo del greggio: Brent e WTI, infatti, si sono assestati a fine mese a quota 49,71 $/bbl e 48,36 $/bbl. A ridare slancio alle quotazioni del petrolio hanno contribuito la flessione del dollaro e le aspettative del mercato di un ulteriore calo delle scorte americane. Il processo di riequilibrio tra domanda e offerta, dunque, pare essere graduale ma costante.
In un contesto di elevata instabilità dei mercati finanziari, l’indice IREX è riuscito a contenere le perdite rispetto ai listini nazionali, segnando un -6% nel mese di giugno. L’approvazione del Decreto sulle FER non fotovoltaiche, atteso da oltre un anno, ha in parte bilanciato il crollo dovuto all’effetto Brexit. Tra le small mid cap pure renewable quotate in Borsa, Ternienergia è la società che ha sofferto di più, con una perdita del 28% nel mese. PLT Energia, invece, ha registrato le performance migliori, mettendo a segno un +18% a giugno.
Al di là dei mercati finanziari, le società sono state molto attive sul fronte del business anche nell’ultimo mese. Ternienergia, nonostante le difficoltà sul mercato mobiliare, ha completato un impianto fotovoltaico da 66 MW in Sud Africa. Si è inoltre aggiudicata una commessa da 8 milioni di dollari per la realizzazione di un impianto fotovoltaico da 34 MW in Zambia. Falck Renewables ha invece siglato con Vattenfall dei contratti di lungo periodo (PPA) per la vendita dell’energia elettrica prodotta da tre impianti eolici in UK.
Le rinnovabili italiane, dunque, continuano a guardare con interesse all’estero, mentre il mercato domestico prosegue il processo di consolidamento avviato negli ultimi anni. Un esempio è il progetto di integrazione siglato tra True Energy Wind e Agatos, società attiva nell’EPC di impianti da rinnovabili e di cogenerazione.
*Alessandro Marangoni è amministratore delegato di Althesys, la società di consulenza che cura l’indice Irex