ENEA con Enel Green Power nel progetto UE per la produzione pannelli fotovoltaici da riciclo
Il progetto Photorama, finanziato da Horizon2020 con 8,4 milioni di euro, vede la partecipazione di 13 tra istituti di ricerca e aziende
Sviluppare soluzioni tecnologiche innovative per massimizzare il recupero di materie prime da pannelli fotovoltaici a fine vita e creare una filiera industriale europea per produrne di nuovi in un’ottica di economia circolare. È l’obiettivo del progetto Ue PHOTORAMA, finanziato dal programma Horizon2020 con 8,4 milioni di euro, che vede la partecipazione di 13 tra istituti di ricerca e aziende, tra cui ENEA ed Enel Green Power (EGP) per l’Italia e l’ente francese CEA nel ruolo di coordinatore.
Focus della ricerca
La ricerca ENEA sarà focalizzata sull’eco-design dei moduli fotovoltaici per elaborare una tecnica produttiva che renda il pannello facilmente riciclabile in tutti i suoi componenti. Enel Green Power si occuperà di valutare la migliore tecnologia di riciclo dei moduli fotovoltaici e di validare l’utilizzo - nella manifattura di moduli fotovoltaici - di componenti prodotti con le materie prime recuperate, incrementando la circolarità dei moduli della fabbrica 3SUN di Catania. La nuova linea industriale utilizzerà un’innovativa tecnologia di delaminazione che è in grado di separare in modo efficiente le celle solari dalla lastra di vetro, mentre processi chimico-fisici innovativi consentiranno di recuperare tutti i materiali senza ricorrere alle attuali e poco efficienti tecniche di triturazione dei moduli fotovoltaici in cui le celle, la parte pregiata del modulo, finiscono in una catena di recupero di basso valore economico (il cosiddetto down-cycling). Il nuovo processo tecnologico si tradurrà in un “up-cycling” con il recupero di materiali di alto valore (come l’alluminio dal telaio e il vetro e i polimeri dalle lastre) e metalli dallo strato delle celle solari (critici come silicio, indio e gallio, e preziosi come l’argento). “La nuova tecnologia di recupero e riciclaggio consentirà così l’implementazione di un business case economico rilevante attraverso un’alta percentuale di recupero, superiore al 98%, dei materiali fotovoltaici a fine ciclo vita a livello industriale. Allo stato attuale si tratta della percentuale più alta di riciclo che si conosca a livello mondiale”, spiega Massimo Izzi, responsabile per ENEA del progetto PHOTORAMA e ricercatore del Laboratorio Ingegneria per l’Industria Fotovoltaica.
Rapporto IRENA
Nel rapporto “End of Life: Solar Photovoltaic Panels” dell’International Renewable Energy Agency (IRENA) si prevede che si passerà da 10 milioni di tonnellate nel 2030, a circa 78 milioni di tonnellate di pannelli disponibili nel 2050, con i quali sarebbe possibile realizzare oltre 2 miliardi di nuovi pannelli e generare un giro di affari di 15 miliardi di dollari. La gestione del futuro dei moduli fotovoltaici, quindi, può diventare un’opportunità in grado di dare vita a un giro di affari, legato ai componenti recuperabili, di 450 milioni di dollari al 2030. Inoltre, si prevede che la crescita della produzione di elettricità solare raggiungerà una capacità cumulativa di 2.840 GW entro il 2030 e 8.519 GW entro il 2050, che equivale a diciotto volte la capacità globale del 2018. Sebbene i pannelli fotovoltaici forniscano una generazione di energia a emissioni zero per una durata complessiva di circa 25-30 anni, è fondamentale garantire sempre di più prodotti sostenibili e a basso impatto ambientale per sostenere la transizione ecologica prevista dal New Green Deal europeo. “La tecnologia che svilupperemo grazie a questo progetto permetterà di recuperare dai pannelli a fine vita quasi il 100 per cento dei materiali e con una grado di purezza mai raggiunto prima. Oggi non esiste nessun processo industriale al mondo che sia in grado di fare ciò. Centrare questo obiettivo aiuterebbe l’intera industria solare a compiere un enorme passo in avanti rispetto agli attuali standard di riciclaggio e, soprattutto, a ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di materie prime critiche”, conclude Izzi.