Il mare in pericolo. Un rapporto del Wwf: allarme per l’effetto dei rumori su balene e delfini
Il rumore antropico nel mare è sopportabile per l’uomo, ma deleterio per i cetacei, mammiferi marini che dipendono fortemente dalla comunicazione sonora
Gli uomini fanno troppo rumore in mare, al punto che l’inquinamento acustico è diventato un’emergenza da regolamentare al più presto, perché a farne le spese sono i cetacei, animali “acustici” per eccellenza, che già versano in critiche condizioni di conservazione secondo la Iucn, che include tutte e 8 le specie presenti in Mediterraneo tra le categorie “data deficient” (per le quali le informazioni sono insufficienti), vulnerabile (capodoglio, balenottera comune) e in pericolo, come il delfino comune, che a dispetto del nome è classificato “endangered”. È quanto emerge dal nuovo report del Wwf “Rumore antropico nel mare, sopportabile per l’uomo, deleterio per i cetacei”, con il quale l’Associazione chiede alle istituzioni misure urgenti per normare e ridurre le emissioni sonore di origine antropica nel “Mare nostrum”, vero e proprio “hotspot” di biodiversità per i cetacei. I cetacei sono mammiferi marini che dipendono fortemente dalla comunicazione sonora e l’inquinamento acustico derivante da traffico nautico, indagini sismiche, sonar, sfruttamento di giacimenti di olio e gas, impianti eolici offshore provoca purtroppo conseguente gravi su balene, delfini e altri mammiferi marini” si legge nel report. L’esposizione al rumore può produrre un’ampia gamma di effetti negativi sui mammiferi marini, dal forzato abbandono dell’area alla perdita di sensibilità uditiva come conseguenza di traumi acustici, che dipendono poi dalla durata e dall'intensità dell'esposizione.
I cetacei e il suono
Sia gli odontoceti (cetacei con i denti, come capodogli e delfini) che i misticeti (muniti di fanoni, come le balene) hanno infatti sviluppato specifici adattamenti per sfruttare al meglio il suono come strumento di comunicazione, nonché di orientamento, riproduzione, predazione e visione subacquea alternativa - l’ecolocalizzazione, o biosonar, altamente specializzata negli odontoceti.
I misticeti, come la balenottera comune, producono suoni a frequenze estremamente basse (fra 10 e 100 Hz) che possono propagarsi su grandi distanze, anche superiori ai 100 km. Al contrario, gli odontoceti producono suoni a frequenze medio-alte (fra i 200 Hz e 150 kHz) che si propagano su distanze minori.
Rumori impulsivi e rumori continui
Il Wwf descrive nel report due categorie di rumori: quello impulsivo o anche detto “a impatto” è quello prodotto dalle esplorazioni, sismiche, minerarie e oceanografiche o dall’impiego di sonar. È un suono ad alte frequenze, di breve durata che può ripetersi o meno nel tempo. Il rumore continuo, come quello prodotto dal traffico nautico, è un suono a basse frequenze che persiste nel tempo (da pochi minuti a diverse ore). Entrambi i tipi di rumore provocano effetti collaterali sulla vita dei cetacei, che tendono ad allontanarsi dalle loro abituali zone di alimentazione e riproduzione, o addirittura perdere le loro capacità uditive e di orientamento nello spazio, tanto da spiaggiarsi sulle nostre coste.
Il Traffico nautico, una minaccia per le balene
Con un tasso di crescita del 3-4% l’anno, il traffico marittimo nel Mediterraneo è quasi raddoppiato dal 2002 e continuerà ad aumentare. Un impatto non sostenibile che si concentra in un’area (il Mediterraneo, appunto), che rappresenta lo 0,32% del volume totale di tutti gli oceani del mondo, il 19% del traffico mondiale. Un mare chiuso che ospita il 7,5% di tutte le specie marine del pianeta. L’intenso traffico nautico influenza la comunicazione sonora tra le balene (fino a provocarne l’allontanamento, con conseguenze su riproduzione e alimentazione), oltre a rappresentare un rischio per le collisioni. Ogni anno, secondo il Wwf, circa 40 grandi mammiferi marini (balenottere comuni e capodogli) rimangono uccisi a seguito delle collisioni con le navi.
Sonar: embolie e spiaggiamenti
Il verificarsi di tragici episodi di spiaggiamento ha aumentato l'attenzione internazionale sull’esistenza di un serio problema ambientale legato all’uso di certe categorie di sonar, utilizzati sia in campo militare che civile. Spiaggiamenti singoli o di gruppo hanno interessato specie come gli zifi e i capodogli. “Le autopsie - si legge nel report - hanno dimostrato che i potenti impulsi dei sonar mandano in risonanza le sacche d'aria del loro apparato uditivo, lacerando i tessuti intorno alle orecchie e al cervello. Sono stati evidenziati anche gravi danni provocati da lesioni da bolla di gas, indicativi di una malattia da decompressione. Infatti gli Zifi, campioni di immersione, investiti dalla violenza dell'onda acustica provocata dal sonar, tendono a risalire in superficie molto velocemente, il che provoca la formazione di emboli spesso mortali”.
La tecnica dell’airgun, che serve per sondare l’eventuale presenza di giacimenti di idrocarburi nei fondali marini, provoca un rumore paragonabile a quello di un jet al decollo. Il grave impatto comportamentale e fisiologico che può esercitare sui mammiferi marini è stato dimostrato da diversi studi.
Trivellazioni di pozzi ed eolico offshore
Anche le piattaforme per l’estrazione di petrolio e gas, durante l’attività di scavo dei pozzi per raggiungere i giacimenti, possono avere effetti negativi per i cetacei. Nel gennaio 2005, ad esempio, 37 balene si sono spiaggiate sulle coste statunitensi della Carolina del Nord, in seguito all’intensa attività di perforazione. Altri esempi di spiaggiamenti, legati all’impiego di queste tecnologie, si sono verificati in passato sia nel Golfo della California sia in Brasile. Tra le fonti diverse di disturbo, il report Wwf cita anche gli impianti eolici off shore, una modalità di energia rinnovabile in forte crescita che può avere effetti negativi (suoni e vibrazioni durante il funzionamento) se non regolamentata.