Aiget: come fa Terna a essere regolatore e anche ESCO?
I grossisti esprimono dubbi sugli equilibri di settore dopo l’acquisizione di Avvenia da parte di Terna Plus
La recente acquisizione di Avvenia da parte di Terna Plus conferma l’ingresso in forze del Gruppo Terna nel settore dell’efficientamento, rinnovando significativi interrogativi sugli impatti che simili mosse potranno avere sugli equilibri del settore energetico.
Non è tanto la notevole e crescente dimensione del Gruppo Terna a destar dubbi - si legge in una nota di Aiget - , quanto la compatibilità delle attività comunemente svolte da una ESCo con quella di un Gestore della rete di trasmissione nazionale (TSO) e responsabile dell’attività di dispacciamento, svolta dalla capogruppo.
Una ESCo fornisce infatti ai propri clienti un’ampia varietà di prodotti e servizi, che possono spaziare tra tutte le attività soggette a libera concorrenza, in particolare nel settore dell’energia elettrica: produzione e fornitura di elettricità e calore, realizzazione e gestione di sistemi di accumulo, fornitura di prodotti e servizi di efficienza energetica (che includono, a mero titolo di esempio, anche dispositivi per la gestione dei carichi).
L’operazione in oggetto ci pone quindi ancora una volta significativi interrogativi in termini di compatibilità con la normativa sull’unbundling (che impone la separazione proprietaria per Terna), di contrazione e distorsione della concorrenza oltre che di palesi conflitti d’interesse.
Secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 1 giugno 2011, n. 93/11, che recepisce le disposizioni contenute nella Direttiva Europea 2009/72/CE, nessuna società appartenente a un Gruppo che include il TSO può infatti svolgere l’attività di produzione e vendita di energia elettrica.
Un tal esplicito divieto dovrebbe logicamente includere, secondo noi, anche le attività relative alla realizzazione e gestione di sistemi di produzione diffusa, quali ad esempio i fotovoltaici, ma anche e soprattutto i cogeneratori, che sono proprio le soluzioni tipiche proposte da una ESCo in siti industriali e di servizi per il risparmio dei consumi energetici e la riduzione delle emissioni (e promosse anche dalla stessa Avvenia). Infatti tali sistemi, utilizzati in genere per massimizzare l’autoconsumo, comportano spesso e volentieri anche l’immissione in rete, e quindi anche la vendita delle relative eccedenze.
Riteniamo inoltre che un simile divieto andrebbe applicato anche alla realizzazione e gestione di sistemi di accumulo, per i quali la fase di scarica, con conseguente immissione di energia in rete, va di fatto assimilata a quella della produzione di energia elettrica. In questa direzione si è peraltro mossa la stessa Autorità nella Delibera 574/2014/R/eel (e il prossimo anno è attesa la riformulazione di questo divieto anche nella nuova direttiva sul mercato elettrico).
Non va infine dimenticato che la fornitura ai clienti finali di soluzioni legate all’efficienza energetica è sempre più indissolubilmente legata alla fornitura di energia elettrica.
A prescindere da questi più evidenti esempi, più in generale tutte le attività per il cui svolgimento è necessaria un’interazione con il TSO sollevano legittimi interrogativi sulle possibili distorsioni delle dinamiche competitive e sui potenziali conflitti d’interesse. Se il caso più elementare può essere considerato quello della gestione di una pratica di connessione alla rete o delle anagrafiche di cui il TSO è depositario, non possono sfuggire le implicazioni che il ruolo del TSO avrà nel processo di transizione energetica, che nei prossimi anni andrà a rivoluzionare l’intero sistema elettrico italiano. Prendiamo come riferimento due delle principali novità che andranno a regime nel corso dei prossimi mesi: la flessibilità della domanda e della generazione diffusa (e in particolare l’offerta di servizi su MSD avviata con i progetti pilota definiti dal TSO in accordo con l’Autorità) e la riforma della disciplina del dispacciamento. Questi processi aprono nuovi scenari sulla conduzione di impianti di produzione diffusi e di stabilimenti produttivi e inducono a pensare che lo sviluppo del sistema sarà incentrato sulla progressiva aggregazione di queste infrastrutture, sotto la gestione dei cosiddetti aggregatori, ruolo al quale le stesse ESCo (compresa ovviamente la stessa Avvenia) possono legittimamente aspirare, e sotto la regia del TSO, cui dovrebbe spettare un ruolo di rilievo nella selezione imparziale delle risorse flessibili e nell’applicazione delle regole di dispacciamento nei confronti degli Utenti di Dispacciamento e degli Aggregatori.
Ci chiediamo quindi - si legge ancora nella nota - se sia ammissibile che un soggetto collegato al TSO possa fornire a clienti finali prodotti e servizi riconducibili a queste attività e, in particolare, alla vendita di energia e di servizi di dispacciamento. In alternativa, non possiamo che chiederci se Avvenia rinuncerà quindi ad operare nei nuovi settori emergenti in Italia (aggregazione e fornitura servizi) o se sarà disposta a spostare il suo business all’estero (dove i limiti di unbundling per Terna non sarebbero validi) e, se sì, come sarà possibile controllare e monitorare i diversi investimenti nell’ottica di garantire una corretta concorrenza.
In conclusione riterremmo quindi necessaria una seria riflessione da parte delle Autorità indipendenti di regolazione e del legislatore sulle ricadute dell’ingresso di società collegate al TSO monopolista in settori così fortemente influenzati dall’attività in monopolio del TSO stesso, con l’auspicio che vengano definite ancor meglio norme e misure di chiara e facile applicazione che preservino la libera concorrenza in settori chiave nel processo di transizione energetica.